GIANNI BERENGO GARDIN. L’OCCHIO COME MESTIERE
Castello, Salone del Parlamento e sale Galleria Arte Antica di UDINE
Dal 19 maggio al 15 settembre 2024
Mostra promossa dal Comune di Udine, realizzata dal MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo in collaborazione con Contrasto e i Civici Musei di Udine, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro.
Gianni Berengo Gardin non ha bisogno di presentazioni ma per i più distratti darò giusto due cenni per entrare nel suo mondo.
All’anagrafe risulta che è nato a Santa Margherita Ligure nel 1930 ma resce e studia a Venezia, la sua vera città natale, nelle interviste ama specificare che è nato in Liguria solo perché i suoi genitori si trovavano in vacanza lì.
Inizia a dedicarsi alla fotografia all’inizio degli anni ’50. Da quel momento non smetterà mai di fotografare, accumulando così un archivio fotografico monumentale dove traccia l’evoluzione del paesaggio e della società italiana dal dopoguerra ad oggi.
Per il suo intenso lavoro e per la sua dedizione al bianco e nero viene spesso paragonato a Henri Cartier-Bresson: “Mi dicono spesso che sono il Cartier-Bresson italiano, in realtà sono il Willy Ronis italiano, anche se una delle cose di cui più mi vanto è la dedica in cui Henri Cartier-Bresson mi scrive: “A Gianni Berengo Gardin con simpatia e ammirazione”. Avere l’ammirazione di Cartier-Bresson è il massimo, poi si può morire in pace”.
Berengo inizia da fotoamatore, sempre armato della sua fotocamera e del gilet classico da fotografo, ma ben presto questa passione ludica lo porta ad avere committenze sempre più importanti e percorre una carriera da fotografo professionista che lo ha portato a realizzare oltre 200 mostre in tutto il mondo ed altrettante pubblicazioni.
“Il mio lavoro non è assolutamente artistico e non ci tengo a passare per un artista. L’impegno stesso del fotografo non dovrebbe essere artistico, ma sociale e civile”.
Alcuni suoi lavori hanno toccato tematiche veramente delicate della società italiana. Negli anni ’70 realizza Morire di Classe, un reportage sui manicomi italiani che dette risalto alla battaglia combattuta a quel tempo da Franco Basaglia. Quella documentazione, condotta da Berengo Gardìn insieme a Carla Cerati, fu per l’Italia un vero choc. La fotografia entrava di prepotenza all’interno di strutture proverbialmente chiuse e faceva luce – nel vero senso del termine – su condizioni e situazioni che fino a quel momento non dovevano essere mostrate.
E per chi vuole ripercorrere il mondo di Berengo Gardin non si perda questa fantastica occasione. Arriva ad Udine, come unica tappa del nord Italia nel percorso che l’ha vista aprire i battenti al Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (MAXXI) di Roma nel maggio del 2022 per poi spostarsi a Villa Pignatelli a Napoli lo scorso anno, la mostra “Gianni Berengo Gardin – l’occhio come mestiere”.
Nella magnifica cornice del Salone del Parlamento e delle sale della Galleria d’Arte Antica del Castello di Udine vengono esposti in mostra ben 192 scatti del fotografo ligure, una collezione integrale di stampe vintage originali provenienti dal suo archivio personale e dal museo romano. Una fotografia artigiana, che aggiunge al valore intellettuale e visivo, anche un grande prestigio dal punto di vista materiale.
La fotografia documentaria di Berengo Gardin.
L’esposizione è immaginata come una sorta di viaggio, un percorso cronologico, topologico e tematico nel modo di vedere e fotografare l’Italia di Berengo Gardin: “Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere” intende allora ripercorrere i settant’anni di carriera del fotografo attraverso le fotografie scattate nelle città che hanno segnato maggiormente la sua vita privata e professionale.
Punto di partenza di questo tour visivo è Venezia che è il luogo in cui si forma come fotografo, grazie all’incontro con circoli fotografici come La Gondola, ed è il luogo di un continuo ritorno, dalle prime immagini degli anni Cinquanta in cui si scorge una città intima e placida al suo progetto più recente, del 2013, dedicato alle Grandi Navi. Dalla laguna veneziana si passa alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas e di Dario Fo), e si percorrono quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie piemontesi, osservate nelle trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra ad oggi.
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Paolo Ranzani, fotografo professionista del ritratto, dalla pubblicità al corporate.
Docente e divulgatore di “educazione al linguaggio fotografico”. Il ritratto rivolto al sociale è il suo mondo preferito, per Amnesty International ha ritratto personaggi celebri della cultura, della musica e dello spettacolo pubblicati nel libro “99xAmnesty”, per il regista Koji Miyazaki ha seguito per mesi un laboratorio teatrale tenutosi in carcere e ne ha pubblicato il lavoro “La Soglia”, reportage di grande effetto e significato che è stato ospite di Matera Capitale della Cultura. Scrive di fotografia per vari magazine con rubriche fisse. Dopo essere stato coordinatore del dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design di Torino è stato docente di Educazione al linguaggio fotografico per la Raffles Moda e Design di Milano e ad oggi è docente di ritratto presso l’Accademia di Belle Arti di Genova.
Come Fotografo di scena per il cinema ha seguito le riprese di “Se devo essere sincera” con Luciana Littizzetto.
In veste di regista e direttore della fotografia ha lavorato a vari videoclip, uno dei suoi lavori più premiati è “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre 10 milioni di visualizzazioni).
www.paoloranzani.com | Instagram: @paolo_ranzani_portfolio/
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