Un atlante di geografia umana che racconta Piombino da città-fabbrica a città post-industriale, attraverso i corpi dei piombinesi, quelli che vivono a Piombino, quelli che ci lavorano e quelli di passaggio.
- La fotografia
La fotografia e l’importanza di raccontare attraverso le immagini sono sicuramente un gesto necessario per esplorare la realtà. Come leggere e scrivere, anche se tutti sanno fotografare, immortalando continuamente la quotidianità dell’umanità, sono pochi quelli che lo sanno fare con poesia, verità, maestria, descrivere fatti epocali, passaggi storici, mutamenti e grandi crisi. Sempre pochi quelli che scelgono di farlo cristallizzando attimi di storia, attraverso gli occhi, i volti, espressioni di quei sentimenti e dell’anima stessa, attesa in abbraccio, come un “memorandum” per le future generazioni.
Pino Bertelli ne è l’esempio tangibile.
Nella sua città di mare, dove è nato e cresciuto, con gli occhi sul mondo che tornano e ripartono dalla sua tana, tra i vicoli di Piombino, insieme ai suoi gatti in amore e il vento messaggero, è stato presentato il suo ultimo libro, con trecento ritratti fotografici sulla “Gente di Piombino” che raccontano una città post-industriale. Il suo è stato un viaggio nell’identità di una città in cambiamento, dove lui stesso ha lavorato in fabbrica prima di continuare la sua esistenza come fotografo della strada. Lascerà Piombino per amore del cinema, andando a Roma.Guarderà al Mediterraneo,fotograferà nei teatri di guerra, andrà a Chernobylad accarezzare occhi di bambini inconsapevoli (nel duemilaquattroriceve il “Premio Internazionale Orvieto”, per il miglior libro di reportage,Chernobyl. Ritratti dall’infanzia contaminata) e ovunque sentirà la necessità di chiedere bellezza laddove ci sarà ingiustizia. Ad affiancare Pino Bertelli, anche questa volta, la documentalista Paola Grillo che, attraverso un viaggio durato oltre dieci anni, ha studiato la città e il territorio, lavorando con Pino giorno dopo giorno in questo lungo periodo. Un atlante di geografia umana che racconta Piombino da città-fabbrica a città post-industriale, attraverso i corpi dei piombinesi, quelli che vivono a Piombino, quelli che ci lavorano e quelli di passaggio. Documenta e racconta un luogo complesso, frutto del suo passato e, lo stesso luogo in movimento verso il futuro, attraverso un occhio particolare ai ritratti dei giovani, come aevidenziare attraverso loro, la speranza di un futuro migliore. Nella sua città di mare e di vento, con questo libro Pino racchiude un importante percorso della sua vita, non è la conclusione di una strada, ma un atto di amore e di speranza, dove si percepisce tutta la forza del fotografo che instancabilmente cerca volti come pane chiedendo loro di parlare al mondo, partendo da ciò che siamo stati e che non siamo più, dall’acciaio che si proiettava sul mare, ad un mare di incertezze che però aprono a possibilità future. Ci sono fotografie di macchine caricatrici di materiali, l’altoforno e poi il cielo sconfinato sul porticciolo e, i primi volti sorridono, accennano a sorridere, altri seriosi nel loro lavoro, altri ancora pensierosi. Quando all’inaugurazione la sala di Palazzo Appiani era gremita, dei tanti volti che Pino aveva fotografato, non era difficile chiedersi chi fossero le persone che ti sedevano accanto, quel volto l’avevi visto nel libro di Pino, ti aveva già parlato e raccontato la sua storia. Pino Bertelli le storie le racconta in un solo modo: occhi negli occhi, in quella fotografia di strada che proietta una giustizia sociale, dove le fotografie che nascono da volti anonimi diventano universali, un arco straordinario di espressioni. Bisogna muoversi per strada con la strada, all’interno della realtà senza farsi ingabbiare, smascherando tutte le falsità che si trovano all’interno di una società che per ingannare all’occorrenza utilizza la maschera più bella. Le fotografie di Pino Bertelli sono “la sintesi estrema di uno sguardo sugli uomini, le donne, i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine, una sintesi estrema sulle qualità di come l’essere umano sta nel mondo, in una stanza, in un paese… tracciata nello sguardo, nei volti, nella pelle, nei muri scrostati della scena o negli sfondi sfuocati, anzi, mossi, dove appoggia i suoi ritratti…” scrive Paola Grillo nella prefazione, “…l’eterno discorso tra poesia e sociologia che si incontra nel nostro fare insieme in più di venti anni di libri per il mondo…”.
Pino ci ricorda che la fotografia di strada deve essere etnologica, antropologica, sociologica, una fusione tra il sé e il sociale, spingendosi direttamente all’interno dell’esistenza umana.
E in essa si è spinto tra i vicoli di Piombino, raccontando una città anche senza vederla. Nello sfocato degli sfondi dei volti immortalati non è difficile immaginare il passato e il presente, camminando a passo lento si evoca il piccolo centro della città, il Torrione l’antica porta di ingresso alla città, oppure l’elegante Corso Vittorio Emanuele tra le piccole trattorie e il caffè Nanni, e ancora, la Torre dell’Orologio che scandisce il tempo. Dall’altra parte Piazza Bovio con la sua incredibile terrazza con vista sull’isola d’Elba che vive maestosa su un suggestivo sperone roccioso. I sorrisi dei volti raffigurati sembrano evocare le vecchie voci dell’antico porticciolo, come un filo che li unisce e, si odono i suoi pescatori ad ormeggiare le piccole barche, insieme al suono dell’acqua della fonte dei Canali che scorga da teste a forma di serpenti (opera di Nicola Pisano). Un libro che si sfoglia immersi nei profumi della macchia mediterranea e lungo la costa, come in calette nascoste all’ombra di strapiombi rocciosi a picco sul mare.
Pino Bertelli insieme a Paola Grillo, non solo ha studiato come la gente di Piombino fosse distribuita in questo pezzo di terra, la loro maniera di vivere, ha tratto ciò che per loro è indispensabile come nutrimento delle proprie anime.
E cosi, alle prime ore del mattino dopo, nel ritrovarsi insieme al nostro caffè, a condividere qualche altra deriva, mentre si discuteva della presentazione del libro, una signora saluta Pino e lo ringrazia per questo libro necessario donato alla città. Pino alza le spalle, nell’umiltà di sempre come se non avesse fatto nulla di speciale.
“Era gremita la sala…”
“E’ vero, vogliono bene a Pino”. E accennando un sorriso la signora prima di andar via risponde: “Questa gente, anche grazie alla tua fotografia Pino, vuole bene a se stessa”.
Come Oliviero Toscani dirà a conclusione del suo intervento“Vai avanti così Pino, sei giovane e hai ancora tanto da raccontare”.
Cinque volte marzo, duemilaventitré.
Al suono dell’acqua della fonte dei Canali, Piombino.
Maria Di Pietro
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Maria Di Pietro
Maria Di Pietro è nata nel sud Italia, nella Campania Felix, in provincia di Napoli.
Si laurea all’Accademia di Belle Arti di Napoli approfondendo un percorso volto alla fotografia, discutendo una tesi con la storica e critica dell’arte Ennery Taramelli. La sua vocazione è in tutta la sua passione carnale verso ogni forma di scrittura per immagini che, strada facendo ha preso corpo documentando con una macchina fotografica, i soprusi e le ingiustizie alla sua terra, tristemente famosa come terradeifuochi… Leggi tutto
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