Partiamo raccontando una storia collaterale ma che diede un forte impulso alla carriera del fotografo.
In un giorno imprecisato del 1864 la giovane attrice Sarah Bernhardt decise di farsi ritrarre dal fotografo parigino Félix Tournachon, noto, più semplicemente, come Nadar.
Sarah Bernhardt ha vent’anni ed è agli inizi della sua promettente carriera, fa parte della Comèdie-Francaise ed è conosciuta come la “Voix d’or”, al suo attivo ha alcuni ruoli nelle commedie di Racine e Molière anche se, bisogna ammetterlo, l’attrice era nota più per i suoi scandali ed atteggiamenti stravaganti che per le sue doti di interprete teatrale e quando decise di recarsi al numero 35 di Boulevard des Capucines, nello studio di Nadar, il più noto e grande fotografo di Parigi, Sarah si trovava senza un ingaggio e in attesa di un figlio.
Gaspar-Fèlix Tournachon, che cominciò a farsi chiamare Nadar nel 1838, iniziò la sua carriera artistica come critico teatrale, giornalista e caricaturista. Le sue prime fotografie risalgono al 1853: si affinò in quest’arte attraverso i numerosi ritratti che fece agli amici, personaggi celebri della sua epoca, quali Baudelaire, Doré, Rossini, Champfleury, Delacroix, Berlioz.
La sua innata curiosità verso l’umana natura, affinata dalla passata esperienza di caricaturista, lo portò a dei risultati mirabili e sorprendenti nei suoi ritratti fotografici, per l’indubbia capacità dimostrata nel penetrare la personalità celata sotto il velo dell’apparenza. Egli riuscì, in questo modo, ad elevare la fotografia al rango di vera e propria opera d’arte.
La sua fama era nota e riconosciuta quando, nel 1860, inaugurò l’Atelier Nadar in Boulevard des Capucines dove, nella facciata esterna, troneggiava un’insegna rossa illuminata di notte dalle luci al neon: l’avventura commerciale del grande fotografo veniva così ufficialmente sancita.
Torniamo all’attrice Sarah Bernhardt, quel giorno si affidò, dunque, all’oramai affermato Nadar per cercare di promuovere e riaffermare se stessa e la sua celebrità. I critici dell’epoca si dimostrarono subito entusiasti di questi scatti e li trovarono particolarmente ispirati: il connubio artistico tra la Bernhardt e Nadar era stato siglato. Sarah Bernhardt, la divina, si apprestava a divenire, così, una leggenda anche grazie a quel ritratto diventato una vera e propria icona.
Le foto di Nadar furono dei modelli per la ritrattistica degli anni venti di August Sander e per quella degli anni cinquanta di Irving Penn.
Egli utilizzò sfondi neutri, privi di ogni dettaglio, ed un’illuminazione naturale di grande efficacia plastica e sfruttata abilmente attraverso filtri di tende bianche o grigie. I celebri ritratti infatti si caratterizzano per l’estrema semplicità dello schema compositivo dell’immagine: la personalità dei soggetti emerge grazie alla sua capacità sintetica e non analitica.
L’idea di “verità psicologica” implica la ricerca non di una semplice trasposizione oggettiva della realtà, ma di una sua interpretazione: la riproduzione di qualche cosa che vada oltre le semplici apparenze e riveli la natura più autentica dei soggetti.
Nei suoi ritratti, definiti giustamente psicologici, Nadar tendeva a far emergere le personalità dei volti da lui fotografati, ricercando in loro l’espressione più intima.
Ora vorrei raccontarvi una curiosità conosciuta da pochi.
Il primo precursore dei “fotografi aerei” fu proprio il nostro Nadar, proprio così, come ho accennato precedentemente egli fu anche disegnatore, caricaturista, giornalista, aeronauta oltre che fotografo. Un instancabile ricercatore. Ed è proprio grazie alla sua propensione per la sperimentazione che Nadar ricerca nuovi soggetti da fotografare e anche innovativi punti di vista. Dopo aver conseguito il brevetto per aerostatica riesce ad ottenere la prima fotografia aerea facendosi sollevare da un pallone frenato ad un’altezza di 80 metri. Nadar fotografò dall’alto le case del villaggio Petit-Becétre situato nei pressi di Parigi ma non si fermò qui, il suo gesto fotografico ebbe successo e durante la guerra franco-prussiana (19 luglio 1870 – 10 maggio 1871), dopo sei mesi di combattimenti nel nord della Francia, l’esercito prussiano sconfisse quello francese arrivando ad assediare Parigi. L’imperatore Napoleone III viene catturato in battaglia, e con il crollo del suo impero e una rivoluzione non violenta, la Francia diviene, in Europa, l’unica potenza Repubblicana. Durante l’assedio della capitale, su suggerimento e con il contributo economico di Nadar, vengono utilizzati dei palloni aereostatici per permettere il controllo delle posizioni prussiane, e per trasportare la posta dalla capitale verso i centri di provincia. La guerra e le spese sostenute da Nadar per il noleggio degli aereostati lo hanno però messo in grandi difficoltà economiche ed è costretto a trasferire lo studio in Rue d’Anjou, delegando molto del lavoro alla moglie Ernestine ed al figlio Paul.
Nei locali di Boulevard des Capucines, che egli possiede ancora e affitta per riunioni, concerti, conferenze, nel 1874 viene organizzata la prima mostra degli “Impressionisti”, alla quale partecipano Monet, Degas, Renoir, Sisley, Pissarro, Cézanne, Boudin, Gullaumin.
Una nota divertente riguarda il motivo per cui decise di fermare la sua ricerca sulla fotografia aerea, infatti, nonostante i problemi economici continuò questa sua esperienza fotografica fino a che non fu emulato dall’americano Black il quale eseguì la prima fotografia aerea di Boston. Nadar accettò in malo modo il fatto di non essere più il solo ad eseguire foto aeree e per questo, a conferma del suo particolare carattere eccentrico, si dedicò alla fotografia sotterranea di fognature e catacombe.
Altra curiosità che trovo bella da ricordare è che le avventure di Nadar ispirano fortemente Jules Verne per il suo romanzo “Cinque settimane in pallone” e, fateci caso se vi capita di leggerli, uno degli eroi dei romanzi “Dalla terra alla Luna” e “Viaggio intorno alla luna” – si chiama Michel Ardan, anagramma di Nadar.
A 77 anni decide di lasciare la propria attività parigina al figlio, per trasferirsi nel Midi e iniziare una nuova vita professionale, a Marsiglia, dove si dedica in particolar modo a pubbliche dimostrazioni e all’insegnamento.
Nadar muore di broncopolmonite nel 1910, pochi giorni prima di compiere novant’anni.
Nel 1951, la figlia di Paul cede allo stato francese quanto rimasto dello studio Nadar: più di 450.000 negativi su lastre di vetro, di cui circa 6.000 lastre al collodio, ovvero la produzione di Felix Nadar, quella della moglie Ernestine e del figlio Paul.
Le sue frasi celebri:
“La teoria fotografica si impara in un’ora; le prime nozioni pratiche in un giorno […] quello che non si impara […] è il senso della luce […] è la valutazione artistica degli effetti prodotti dalle luci diverse e combinate […] quello che s’impara ancora meno, è l’intelligenza morale del tuo soggetto, è quell’intuizione che ti mette in comunicazione col modello, te lo fa giudicare, ti guida verso le sue abitudini, le sue idee, il suo carattere, e ti permette di ottenere, non già banalmente e a caso, una riproduzione plastica qualsiasi, alla portata dell’ultimo inserviente di laboratorio, bensì la somiglianza più familiare e più favorevole, la somiglianza intima.”
“Compito autentico del ritratto fotografico è di estrarre la verità psicologica del soggetto.”
“Non esiste la fotografia artistica. Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare.”
Ma l’insegnamento più bello e vero lo si trova nei suoi “Consigli per ritrarre una persona.”
L’opinione che ognuno ha delle proprie qualità fisiche è talmente benevola che la prima impressione di ogni modello di fronte alle prove del suo ritratto è quasi inevitabilmente di disappunto e di rifiuto. Alcuni hanno il pudore ipocrita di dissimulare il colpo sotto un’apparente indifferenza, ma non credete loro. Avevano varcato la soglia diffidenti, astiosi, e molti usciranno furibondi. È un male difficilissimo da scongiurare; il fotografo dilettante ne soffrirà quanto il professionista, e anche di più, povero infelice! Votato in anticipo a tutte le asprezze, soprattutto perché si trova nella condizione subalterna di non avere la licenza. Si prepari dunque come il professionista, e mediti i consigli dell’esperienza. A titolo profilattico, ossia prima di operare, fate intravvedere la possibilità della “replica”. La speranza di quella benefica “replica” sistemerà tutto, e tutti ci guadagneranno – e voi stessi siete proprio certi di non poter ottenere qualcosa che sia migliore del primo negativo? Soprattutto, quando due modelli sono venuti insieme, cercate di fare in modo che tornino insieme al momento della consegna. Non dimenticate mai di sottoporre le prove dell’uno all’altro e viceversa: quello che al biliardo si chiama “colpo di sponda”, e, per un minuto, allontanatevi! Immancabilmente l’uno troverà l’altro molto riuscito, e l’altro giudicherà l’uno perfetto. Per controprova, lasciateli discutere insieme. Superato così, e ridotto a semplice effetto di ritorno, il primo e inevitabile impatto, potrete allora avvicinarvi, e parlare senza il timore d’esser morso! – (Felix Nadar – Consigli al ritrattista dilettante -)
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Cornici private
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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