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Frozen Frames: esplorando le Isole Svalbard

di Giulia Testa

Ci sono luoghi incredibili che solo la fotografia sa descrivere. Paesaggi maestosi, viste mozzafiato e posti in cui molti aspetti della nostra quotidianità sembrano fuori dal normale. Posti in cui sentirsi piccoli, in cui il tempo sembra essersi fermato, sospeso in un tramonto infinito.

In autunno sono partita per le Isole Svalbard, con la mia NIKON Z 6II e l’obiettivo per reflex AF-S NIKKOR 200-500mm f/5.6E ED VR che ho abbinato alla mirrorless mediante l’adattatore Nikon FTZ. L’ente del turismo Visit Svalbard mi ha infatti chiesto di documentare per immagini una parte di questa meravigliosa terra.

Si tratta di un posto fuori dal comune. Le persone che vi ho incontrato lo definiscono “diverso da ogni cosa che esiste”, affermazione, a mio parere, più che giustificata.

Ci troviamo al 78esimo parallelo, a pochi passi dal Polo Nord. Qui l’uomo vive a stretto contatto con una natura grezza, incontaminata, in balia di condizioni atmosferiche estreme. Eppure c’è qualcosa in questa percezione di precarietà che ti fa avvertire dentro una strana tranquillità e una sensazione di sfida costante. Alzarsi ogni mattina e vedere dall’altra parte del fiordo quelle bianche e imponenti montagne, che riflettono i pochi raggi di sole rimasti in questo periodo dell’anno, mi ha fatta sentire grata ogni giorno di tante piccole cose.

Il regno del carbon fossile e del permafrost

Una volta, quest’isola, che ora non è altro che una dura roccia coperta da calotte di ghiaccio, era ricoperta da foreste e si trovava decisamente più a sud di quanto lo sia adesso. Ne sono testimonianza numerosi reperti fossili ritrovati sulle montagne. La conferma più grande rimane tuttavia ciò che c’è al loro interno, nonché il motivo per cui le persone hanno deciso di costruire qui una città: il carbone, formatosi dalla lentissima decomposizione e compressione di biomasse vegetali. Su quest’isola non esiste un albero, né un cespuglio. Le foreste di conifere hanno lasciato spazio alla vastità del ghiaccio. È il regno del permafrost, che impedisce agli alberi di sviluppare radici, all’uomo di costruire case con tubature sotterranee e alle famiglie di seppellire i loro morti. Su quest’isola nessuno può nascere né morire.

Una capitale silenziosa e gentile

Longyerbyen è la capitale, sotto bandiera norvegese. Ha una popolazione di 2.500 abitanti, poche case scarse, un solo supermercato, una chiesa, nessuna banca e nessun ospedale. Solo lo stretto necessario. Ci sono tuttavia numerosi hotel. Io però ho deciso di alloggiare in una casa per vivere appieno la mia esperienza. Un città decisamente tranquilla. I suoi primi abitanti sono stati i minatori che lavoravano per estrarre il carbone. Ora invece è popolata da scienziati che studiano le particolari correnti di acqua calda, la fauna che ne comporta ma soprattutto il cambiamento climatico.
A colpirmi di più è stato però il silenzio. La neve cade lentamente, le persone passeggiano distratte, guardando quelle enormi montagne bianche e il mare che rientra nel fiordo e si intravede alla fine della strada. Niente traffico del lunedì, nessuna corsa, nessuno che urla, nessuno che suona il clacson all’impazzata, solo silenzio.
Eppure quel silenzio cela molto di più: persone gentili e affabili, dai modi sempre disponibili, che si aiutano l’un l’altra ai confini del mondo. Persone che organizzano ritrovi sociali al bar, riunioni, feste e piccole lotterie per chi si aggiudicherà la cabina della settimana. Una popolazione tutt’altro che spenta, anzi accesa dal fervore per la sopravvivenza. Un via vai di persone curiose e coraggiose che hanno scelto di vivere in queste condizioni, sfidando ogni giorno le avversità con la consapevolezza che l’essere umano è solo una parte della natura e non la può controllare.

Orsi polari e grotte di ghiaccio

Era una giornata particolarmente fredda. In questo periodo dell’anno, le temperature scendono precipitosamente e il tempo cambia molto in fretta. Ho deciso di uscire a esplorare tra le montagne e i ghiacciai dietro la città, accompagnata da una guida e un piccolo gruppo di persone. Mi ritrovo a vivere questa meravigliosa escursione a piedi: sei ore di camminata a -10 °C con circa mezzo metro di neve per terra.
L’obiettivo era raggiungere ed esplorare il ghiacciaio dietro la città.
Uscire dai confini del centro urbano richiede però alcuni accorgimenti di sicurezza. Fuori dalla città è infatti possibile imbattersi nell’orso polare, un animale non aggressivo ma notoriamente curioso. Meglio quindi non avventurarsi da soli e disarmati. I fucili e i lanciarazzi, tuttavia, sono utilizzati con il solo scopo di spaventare, in caso di emergenza, l’animale e di farlo allontanare. Gli abitanti delle Svalbard hanno infatti un grande rispetto per questo animale, consapevoli di vivere nel suo territorio, ma adottano le giuste misure di precauzione.
Stavamo camminando da due ore in un paesaggio a dir poco lunare, quando improvvisamente la candida neve che scendeva si è trasformata in tempesta. All’orizzonte, il cielo si confondeva del tutto con il bianco della neve posata al suolo. Ci siamo rifugiati per pranzare e scaldarci in una grotta di ghiaccio dove, strano a dirsi, le temperature sono di circa -2 °C, mentre all’esterno raggiungono i -20 °C. Al loro interno si organizzano infatti veri e propri campeggi per vedere l’aurora boreale d’inverno, lontani dalle luci della città.
Pranzare qui è stata una delle esperienze più entusiasmanti della mia vita.
Nonostante aggirarsi all’esterno della città possa risultare pericoloso, gli scenari affascinanti che si prospettano valgono la pena di provarci. Meravigliosi ghiacciai, grotte di ghiaccio, paesaggi lunari e suggestivi colori del cielo si fondono alla fauna artica che comprende, fra le altre specie, le renne (diverse da quelle della Lapponia), la volpe artica e la pernice. D’estate è invece possibile vedere le pulcinelle di mare e numerosi altri volatili che popolano le scogliere dei fiordi.
Le Isole Svalbard sono diverse da qualsiasi posto che potete trovare nel mondo e i suoi abitanti, con le loro usanze, la loro gentilezza e la loro preparazione ai fenomeni atmosferici più difficili, mostrano un’insolita capacità di sopravvivere a stretto contatto con la natura. Sono loro il vero tesoro di questo posto, perché ci insegnano che l’uomo si può adattare molto più di quanto pensi.

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