…alle magnifiche fanciulle delle fiumane di miele nei canneti fruscianti di vento e di sale…
“Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e…
cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che possono esserti date poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta”.
Rainer Maria Rilke
I. Sull’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza
Ouverture in forma di seduzione scomposta. In principio non fu la luce soltanto, ma l’amore certamente… e siccome siamo anarchici in tutto, con la sfrontatezza o l’insolenza che ci è solita, vogliamo credere che il corpo sia il luogo, il covo o il ponte dell’anima… il che non è poi molto bislacco… per decifrare il codice dell’anima e comprendere il carattere, la vocazione, il destino o la condivisione profonda del corpo col mondo (James Hillman, diceva, anche se non proprio così), occorre anche accogliere il “compagno segreto” (il duende, il daimon, il genio, l’angelo necessario o custode per i cristiani) che accompagna chi lo vuole là dove finisce il mare e comincia il cielo… e intraprendere il cammino sul fiume del divenire in cerca di approdare nei significati profondi dell’esistere… non c’è un viatico per raggiungere la felicità, il viatico non solo è la felicità ma respinge dappertutto l’infelicità. La felicità di ciascuno consiste nella capacità di amare e di essere amati. L’amore, la bellezza, la giustizia, la pace vengono da dentro, inutile cercarle fuori… combattere la paura a vivere o il rancore o la cupidigia significa cercare il cambiamento e affidarsi al respiro liberato del cuore. La grazia, la passione, il desiderio dell’arte di gioire sono l’accezione del mistero, della magia, dell’incanto che si fa vita e s’abbevera alla sorgente del giusto, del bello e del bene comune… l’amore di sé e per l’altro contiene la forza di distruggere e di creare, quando è una flânerie dell’anima può cambiare il mondo.
I maestri dell’arte di gioire che continuiamo ad amare, a saccheggiare, a tradire, anche… ci hanno lasciato le diversità nei loro sacchi di saggezza, con loro abbiamo appreso che la conoscenza del dolore si può trasformare in coscienza dell’amore e mostrare che ogni pudore muore con l’innocenza del desiderio che abolisce regole e divieti… è vero, “giriamo a vuoto nella notte e siamo consumati dal fuoco” (Guy Debord) della verità come dinamite!… ed è per tutto questo che attraversiamo il furore dionisiaco di Averroè, Agostino il berbero, san Giovanni della Croce, Siddhārtha, Thomas Müntzer, Carl Gustav Jung, Simone Weil, Etty Hillesum, Hannah Arendt, Marguerite Porete, Elizabeth Smart, Jana Černá, James Hillman, Hans Jonas, Martin Buber, E.M. Cioran, Michel Onfray, e anche le favole sulle rivolte dei poveri che mi raccontava mia nonna partigiana mentre buttava le sardine sul ferro della stufa -… vogliamo andare a coniugare la forza prometeica dell’ultimo degli straccioni con la poetica del fuoco dell’ultimo dei ribelli… vi è più ragione nel corpo liberato che in tutte le saggezze insegnate!… è nel piccolo trattato di ateismo del barone Paul H.D. d’Holbach (pubblicato clandestinamente nel 1768) che abbiamo trovato la risposta o l’interrogazione ai fasti dell’idolatria e del pregiudizio, e i diversi modi per abbatterli alla radice: “È chiaro che chi pensa in questo modo sul clero [o sulle “sante” istituzioni”] non ha fede né legge. Non può essere virtuoso né un buon cittadino, padre, marito, amico, soldato, magistrato, medico eccetera. Insomma, è buono solo da bruciare al fine di impedire agli altri di imitare il suo modo di pensare”1. I campi di sterminio, le crescita delle disuguaglianze, le guerre… esprimono la morale tutta divina della tenebra e della servitù volontaria (verso la finanza, la politica, le mafie) sulle quali si basa la civiltà dello spettacolo.
1 Paul H.D. d’Holbach , Piccolo trattato di ateismo, il Melangolo, 2014
Ora nel nome del padre, del figlio, dello spirito santo e dei dividendi delle banche o degli ascolti televisivi o dei social-network… vengono commessi delitti senza gloria… i partiti hanno una speciale predilezione per i “figli” più stupidi… li allevano nella confessione, nel pentimento e all’obbedienza… il più piccolo atto di rimpianto è sufficiente per riconciliarsi con lo Stato o con Dio… il premio è la speranza… non solo elettorale… anche se vengono ammazzati in guerre che non li riguardano, i fedeli a tutto avranno certo una medaglia al valore e un cippo nei giardini pubblici dove pisciano i cani… non è poco… per gli estasiati delle macellerie… se i politici fossero chiari sarebbero presto spacciati e appesi ai lampadari del parlamento… sulla cattedra della verità non hanno posto l’assassinio paludato che assolve gli sgozzatori di resistenze e insubordinazioni… per non vedere l’imbecillità della politica o delle chiese o dei saperi, basta chiudere gli occhi e imparare presto a leccare il culo a despoti (sovente ignoranti e illetterati quanto i loro bravacci) che fanno ricorso al ferro e al fuoco per indottrinare i propri sudditi o accoliti. Resta comunque l’impenitenza! Perseverare nel peccato! Rimanendo ribelli contro ogni forma di tirannia! L’impenitenza è detta finale, diceva. Uccido chi mi uccide! come amo chi mi ama! I maestri carbonari con il coltello in mano vanno rispettati perché sono iracondi contro il giudizio universale e non scendono a patti con nessuno che non sia all’altezza delle loro lame… anche la balena bianca li ha sputati perché non erano digeribili.
Il gesuita padre Malagrida venne arso dall’inquisizione nel 1761 perché convinto che “non è peccato neppure veniale uccidere un re [ papa, primo ministro, presidente, finanziere, generale o anche l’operaio ] che perseguita i santi”, sfrutta e violenta gli ultimi… Gesù Cristo si era dimenticato di dirlo, ma l’angelo del non-dove, che ne sa almeno quanto lui e forse di più, ricorda che la ragione dominante si forgia con l’aiuto dei condannati alle carneficine… i politici sono solo marionette manovrate con i fili della finanza! Quando si dice che Dio è in collera significa che alcuni estremisti hanno fatto saltare in aria i mercanti del tempio di Wall Street e anche lo Spirito Santo della Borsa… quando la surrealtà si mescola al proponimento di mutare l’immutabile, ogni cosa è possibile. Rivolta: dicesi di un uomo o un popolo che si prende il diritto di rigettare ogni costrizione e di porvi rimedio (con tutti gli strumenti utili)! Non si uccide un Dio invano! Ci vuole perseveranza e immaginazione! Occorre spargere il suo corpo nei campi degli empi (che si sono macchiati di irreparabili ingiustizie o crudeltà) per non farlo risorgere e portare di nuovo nel mondo il detto: “A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (versione di Marco, versetto 4,25). Da quando accendo il camino con le pagine della sacra Bibbia, non ho mai più avuto freddo.
Parola del Santo Prepuzio (qui si accetta un mezzo sorriso)… per essere un buon cittadino è importantissimo non avere nessuna forma di pensiero o averne una molto ristretta… nemmeno i Cenobiti di san Pacomio (monaco egiziano del III e IV secolo) avevano bene compreso che la vita comunitaria non ha bisogno di regole né di diffondere alcunché oltre l’amore dell’uomo per l’intera umanità… Jean-Marie Déchanet (monaco benedettino che praticava il buddismo)… nelle pagine del suo libretto, Va’ dove ti porta il cuore (1972)2 sparge i semi del principio del piacere e il principio della realtà come l’identità che si fa voce o tuono o vento e sconfigge l’ignorantaggine, l’indifferenza o il silenzio del conveniente… si apre con un versetto biblico: «Sta’ lieto, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio». Al di là del giudizio di Dio, che è roba da fanatici della genuflessione, per ogni forma di potere avere idee sconvenienti è il più atroce dei crimini. Ed è perfino vero! Si sa che l’edificazione della civiltà dello spettacolo poggia i propri successi non solo sullo spettacolo come rapporto sociale fra persone mediato dalle immagini, ma sulle fosse comuni… lasciarsi mettere il basto, portare la croce o canonizzare la borsa dei ladri vuol dire beatificare il lezzo dei potenti e mangiarsi con l’agnello di Dio anche la cassa delle offerte… i tempi di viva fede nel cappio del boia continuano.
2 Jean-Marie Déchanet, Va’ dove ti porta il cuore, Edizioni Cittadella, 1973 (da non confondere con il romanzetto di furbo mercantaggio di Susanna Tamaro che ne conserva il titolo).
Solo la rêverie dell’amore cioè d’abbandono magnifico o fantastico allo spirito androgino delle frenesie latenti che non si possono descrivere, solo vivere… può attizzare il fuoco di passioni svergognate… la poetica della rêverie è il “bisogno di mettere al femminile tutto ciò che vi è di avvolgente e di dolce al di là delle designazioni maschili dei nostri stati d’animo” (Gaston Bachelard)3, è il linguaggio dell’AnimusAnima di Nietzsche, Jung, Hillman o di una signora della strada che mi ha avviato alla buona creanza dell’amore selvatico… che questi “sognatori di parole” traducono come dualità donna-uomo e viceversa… e il lirismo onirico che ne consegue unisce il mondo al sognatore… la rêverie dunque è un’immagine cosmica, una vita segreta che anima le cose e approda alla coscienza dell’amore come poetica della bellezza.
3 Gaston Bachelard, La poetica della rêverie, Edizioni Dedalo, 1973
Sognando davanti all’amore, l’ironia scopre che l’amore è la forza del vivere all’incrocio dei venti… è la foce del profondo e il sangue della luna che fa toccare il cielo con le dita… come l’acqua, il fuoco, la terra si uniscono all’amore in una cosmogonia di rêveries oniriche che attraverso lo sguardo raggiungono o riprendono gli archetipi dell’uomo, della donna e mostrano che tutte le cose sono illuminate… ecco… l’immaginale dolente, amoroso, delicato, anche… che fuoriesce dalle figurazione di Francesca Grispello (che lei chiama “esercizi di carne”), porta in sé la feracità di un raccoglimento… di un’infanzia spesso silenziosa che è propria di godimenti concreti e non sempre condivisi nelle loro estremità, dall’accedere alla seduzione scomposta o ignorata dell’altro, dell’altra e l’autobiografia che ne consegue è una forgiatura nel dolore, come nell’amore (forse mal corrisposto), che fa del corpo un santuario o un crocevia di residui relazionali dove sono affogate le illusioni… l’amore pazzo è sempre fuori dal senso, dall’ordine, dalla misura… perché solo l’amore androgino regna! il resto è trucco.
Come nei sogni inconfessati, segreti, malinconici di una bambina, un bambino o un poeta maledetto… il corpo è innanzitutto l’ebbrezza di desideri ignorati o amati… violare i brividi di un’infanzia intramontabile significa fissare l’intuizione nell’accoglienza, per non dimenticarla… in questo senso e solo in questo senso, le autofotografie della Grispello generano tensioni, conflitti, bruciature dell’anima… l’iconologia che ne fuoriesce si fa arco e freccia tra corpo, coscienza e affettazione della realtà… quando è vissuta innanzitutto sul sangue dei giorni, la fotografia come la vita in amore acquista un’eccezionale carica di verità. L’amore è là dove non ci si aspetta e lo si aspetta sempre là dove non c’è mai o travolge il linguaggio velato del corpo… dove il coraggio androgino non suscita fratture, incrinature, violenze… ma una sorta di armonia amorosa e complicità sulla quale esonda la geminazione dell’amore pazzo. Le immagini della seduzione interrotta o maleamata della Grispello contengono i segni intimi o percorsi diseguali che attraversano spazio e tempo, defigurano l’inverso e il rovescio dell’esistere, disfano l’evidenza trasgressiva dove il privato non è più appannaggio dei prìncipi, dei re o delle dame di corte… ma si sovrappone al rituale domestico con la sregolatezza dell’insorgenza o sfida o interdizione del convenzionale… i passatori di confine detestano i clisteri di acqua benedetta e vanno in alto mare, belli e sbalorditi nelle lacrime della gratitudine di chi conosce il sesso degli angeli.
Nell’immaginale della Grispello lo sguardo espropria il reale attraverso l’eccesso e tutte le parvenze franano su universi sconnessi… infranta la simulazione ecco che esonda l’incesto (contaminato, impuro) tra fotografia ed erotica dei corpi, non dei giochi mondani… è la seduzione del manifesto e del latente o di verità nascoste che cercano d’impedire lo smottamento della disperazione: “la seduzione non è mai lineare, non porta maschere (questa è la seduzione volgare) è obliqua” (Jean Baudrillard)4… introdursi come un sogno ad occhi aperti nell’intimità di una fanciulla o di chiunque altri è alimentarsi alla fonte della grazia e della parola spogliata di tutto… l’incanto della seduzione non ha niente a che fare con il contratto sessuale ma è la dualità dei corpi che si trasformano nella delizia e nella bellezza che aboliscono o rimarginano ogni ferita.
4 Jean Baudrillard, La seduzione, SE, 1997
Quando niente viene lasciato al sembrare, ogni promessa di gioia è inopportuna, come scrive Marguerite Duras nei suoi testi segreti: “Un’altra sera lo fate, come nei patti, dormire col volto fra le sue gambe aperte, contro il suo sesso, già nell’umidore del suo corpo, là dove lei si apre. Vi lascia fare”5… forse lei ride e si riaddormenta per svegliarsi poi in un racconto per immagini che non sono fotografie ma la vita… e allora è il sorriso che cancella il pianto o l’induce a ridere e piangere sull’osceno che consiste nel fatto che tutte le apparenze sono bruciate e niente (o tutto) viene lasciato al caso… il corpo è dunque configurazione materiale del desiderio e tutto si discioglie nella sublimazione dell’esistere in vertigini di bellezza accolta… la fragilità della bellezza si riscopre o si custodisce nelle magie dell’energia libidinale che è l’incarnazione del sensibile… i corpi in amore sono fatti per svelare la meraviglia che si cela negli occhi di chi conosce l’inconoscibile… e anche di chi ne annusa il profumo d’eternità.
5 Marguerite Duras, Testi segreti, Feltrinelli, 1987
Non ci sono né codici, né certificati in amore… le donne amate lo sanno… gli uomini meno o sono del tutto sprovveduti di fronte al corpo della donna che si fa pensiero… a vedere o confondere la possessione con l’eguaglianza… il corpo dell’uomo è il potere, quella della donna l’amore! Se agli uomini di potere leviamo il ruolo per il quale sono diventati “influenti”, quasi tutti non sono in grado nemmeno di prendere un tram o accendere una stufa come si deve o lavarsi un paio di mutande sporche… le donne o almeno certe particolari donne, sanno cogliere le rose della seduzione appagata come stato di suprema creatività… e non ci sono cazzi che tengano, o si fa parte della confraternita dei libertini (cioè dell’anarchia vitalista) o si è schierati con i prosatori della decorazione sessuale… i cortigiani della modalità, gli esaltati dell’adulazione, gli arroganti dei vizi senza virtù dei padroni, sempre pronti a strisciare per l’accesso alla pubblica ammirazione. Tutta gente che davanti a un tribunale dionisiaco sarebbero destinati all’insignificanza.
Ci sono state donne che con la loro impertinenza hanno avvelenato i dispensatori d’imbecillità (non solo religiose), Marguerite Porete, ad esempio… bruciata viva sul rogo (1°giugno 1310) perché sosteneva, a ragione, che l’amore che si fa anima si distacca da tutto e diventa la realtà del Tutto! Niente è più eretico dell’amore che profana l’amore dato, financo celebrato. Quando l’unicità dell’amore diventa vita autentica, non importa più pregare né cercare, “non fa conto di vergogna né d’onore, di povertà né di ricchezza, d’agio o di disagio, d’amore o d’odio, d’inferno né di paradiso” (Marguerite Porete)6. Lo specchio delle anime semplici della religiosa, scrittrice, teologa francese, riflette la dissidenza e il piacere in allegorie della volontà di trasmutare il corpo in Amore… l’Amore non veste né il saio della fede né l’abito dell’autoritarismo… il cammino regale dell’anima in amore è una filosofia del desiderio che rompe tutti gli argini dell’accettato… è una metafora di seduzione che esonda al godimento, anche al più estremo, e conduce a tutto tranne che alla morte sociale. Quando a Judy Garland viene chiesto perché prendeva psicofarmaci per combattere la depressione, risponde: “Ho avuto quattro mariti, ma non sono serviti, ogni volta che taglio una torta, mi ritrovo sposata con un idiota” (citazione a memoria, rubata da non so quale libro o film)… la seduzione dello specchio di sé è il luogo del disincanto, non appartiene all’ordine del reale, decostruisce senso e valori imposti… infrange la simulazione orchestrata sul pulpito della verità unica… è il velo tolto all’ipocrisia e all’inganno… e basta la visione trasversale di uno sguardo per disfare l’evidenza del mondo.
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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