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Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza (parte II)

di PHocus Magazine

II. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e delle visioni di sangue, di dolore e specchio del sé

Le fotoscritture del corpo come anima in amore di Francesca Grispello (a partire dalla geminazione del dolore che le detta, e poco importa se sono realizzate con uno smartphone, specie quelle in bianco e nero), non hanno niente a che vedere con i selfie o autoritratti per così dire artistici… quelli indirizzati al mercimonio da galleria o calendari per camionisti o prelati senza un qualche valore… mostrano parti del corpo nudo ma non sono concettuali… semmai metaforiche, surreali, atonali all’estetismo dello spettacolare… sono una sorta di rizomario estetico/etico che si richiama al dualismo del corpo e dell’anima ferito nella carne e nello spirito… sotto un certo taglio emozionale o epico, anche… ogni fotografia è un canto d’amore che stermina l’intollerabile che disdegna e gode di tutto ciò che non comprende… si tratta di ricucire le ali degli angeli o dare voce alle bambole di pezza, ricordandosi dell’amore o di non averlo mai vissuto. Solo le farfalle riescono ad onorare la loro fragile bellezza, per questo, come le lucciole stanno sparendo… quelle che restano si bagnano senza pudore alle fonti del piacere davanti ai monelli, senza mai che i loro disamori se ne accorgono… solo i cuori magnificati degli innamorati si offrono al frullo del passero, prima di cadere a terra colpito dall’inconsistenza dei precetti, dei dogmi, dei poteri… smarriscono nelle mani che li frugano in crociate di supposti miracoli e solo la neve dei capogiri o i giochi sfrontati in amore li conducono in quel paese dove il sogno è anche la vita. Le visioni d’amore, di sangue, di dolore e specchio del sé della Grispello nascono nell’intimità e finiscono in fotografia… asciugate al filo insanguinato della vita che corre… sono di una nudità inviolabile o profanata al contempo… mani che si alzano contro il cielo, mani che figurano mutilazioni, mani che si aprono all’arcano che avanza… forse a qualcosa che nasce su qualcosa che muore… come il rinnovamento delle stagioni e della fecondità della terra che secerne singolari sudari dell’espiazione… lo sappiamo, l’amore è contenuto nel palmo di una mano ed è così prezioso e impertinente che fa del desiderio un immaginario a misura di tutti i possibili… niente è più insensato di un corpo maleamato, volgarizzato o gettato a caso nella mischia… si tratta di trasformare il corpo in un angelo senza rimpianti e fare del piacere la percezione salvifica della differenza prodiga.

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Il fascino della seduzione sta nella dualità stregata o incestuosa che ciascuno ha con la propria immagine: lo specchio della seduzione come sete di vita o esaltazione dell’amore (Rainer M. Rilke), porge una lusinga mai un’illusione… infrange la paura del divieto e riverbera l’enunciazione dei corpi sganciati dal nascosto o dal mai visto né assaporato. “Viviamo nella paura, ed è così che non viviamo”. Questa frase del Budhha vuol forse dire: ci manca l’impudore di vivere come di morire. La secolarizzazione delle lacrime non è ereditaria… ogni demiurgia verbale contiene il suo rovescio e si sviluppa a spese della propria dignità… non si deve chiedere alla banalità nessuna risposta… uno scemo vale un altro -… ogni emozione evocativa è ancestrale, perfino sacrale… l’amore non aderisce che all’essere in volo, come la verità rovista nell’illusione e la sconfigge, è anche il respiro disadorno che porta alla liberazione… è l’irrompere della luce nell’opacità della vita ordinaria, l’estasi ereticale che divelte la censura della benevolenza… che è l’intolleranza, l’efferatezza e il provincialismo: abbattere tutte le segrete dello spirito, far vacillare ogni condotta, ogni dottrina e superare i propri limiti, incendiare la casamatta delle passioni libertine e libertarie… questa è il delta del nuovo o l’invito al viaggio nella filosofia dei momenti unici, diceva!… dove l’amore dell’uomo/della donna per ciò che ama è la risposta a tutto.

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

L’iconografia  del  corpo  nudo,  annerito,  disincarnato  della  Grespiello…  come  nei frammenti di luce sulle gambe, sulla schiena, sul seno, sul volto aperto forse sul futuro e su di sé… grondano di una sensualità privata… di una sessualità indiretta… di un’inclinazione al dolore del quale prendersi cura… un’apocalisse dei sentimenti struccati che chiede la fine della sofferenza… il corpo racchiude le risposte, quand’anche le interrogazioni non sono altro che oscure preghiere di assoluzione… solo la bellezza, la complicità e il piacere aiutano a comprendere l’odore della vita. “Godi e fa’ godere, senza far del male né a te né a nessuno: credo che in questo consiste tutta la morale” (Chamfort, diceva). E allora al fondo di questo rizomario del dolore c’è anche un grande sì alla vita… il sangue del reale merita ogni attenzione… e il corpo è come l’athanor degli alchimisti… è qui che il piacere di sé e dell’altro si trascolorano nel piacere come misura di tutte le cose… e là dove le fiumane del miele dei padri scivolano sulle cosce nude e invetrate di nuovi respiri strappati all’infelicità, il corpo nobilita il sensibile e il reale: “Feritemi, traditemi, ma assicuratemi soltanto l’amore; perché l’intero giorno e l’intera notte, lontana da lui e accanto a lui, dappertutto e sempre, quella è la mia gravità, e le mele (che sono già mature nel mio giardino) cadono soltanto verso la gravità” (Elizabeth Smart)7, o forse è la vita, eterna puttana,  che può offrirmi un avvenire d’assassini o un petalo di biancospino che sanguina ancora al cospetto dell’amore infiorito al rosso dei tramonti.

7. Elizabeth Smart, Sulle fiumane della Grand Central Station mi sono seduta e ho pianto, SE, 2001

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Il corpo ignudato della Grispello e quello di tutti i corpi svelati nella seduzione del vero riacquistano la delicatezza, la dolcezza, la tenerezza e il licenzioso, l’erotico, lo svergognato inzuppano il cuscino dei sogni, e i giochi dell’edonismo o le esultazioni del ludico riportano all’Altro di sé… niente è osceno nella frenesia dell’amore senza confini… perché il desiderio abita il fondo della vita e ne conosce i segreti… ecco allora che quelle immagini-corpo ammaccate d’amarezza rappresentano anche l’indicibile e là dove il morire sembrava l’ultima possibilità di chiamarsi fuori dalla vivenza ludra, si conquista l’oltrepassamento della soglia o del rito: “Rito del fuoco, rito della porta, rito dell’accendere, rito del cogliere, rito del legare, rito dello spandere il nettare” (Michel Onfray)8, che sono i riti della penetrazione dell’eros indiano (o della spiritualità genealogica dei Veda) sparsi sulle belle risate dei corpi amati… e nessuno non potrà mai sapere nulla delle architetture erotiche, a meno di essere un iniziato o un suppliziato al piacere… sta qui l’insurrezione erotica della costruzione misterica del diverso o del bracconiere di allegrezza… è la trasgressione riuscita che uccide la volgarità e i luoghi comuni… è la gnosi del godimento che apre ferite e le rimargina con la saliva dell’inconsapevole! Si tratta di strappare la benda agli occhi della cattiveria e far marcire i tabù, i totem e le buone maniere in tutto ciò che ricusa il piacere… la sede del desiderio non si trova nel cazzo o nella fica, ma nella testa spazzata da ogni dannazione, decenza valoriale o evangelica: così come gli scemi non possono che generare scemi, i dotti, i potenti, gli stolti… non possono generare corpi o pensatori sovversivi.

8. Michel Onfray, La cura dei piaceri. Costrezione erotica solare, Ponte alle grazie, 2009

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Le immagini-corpo della Grispello enunciano una sofferenza in contrapposizione al piacere del desiderio… figurano nel loro rovescio i baci foglianti di sale e di miele, le tenerezze della carne, le voluttà condivise… e come in un sudario sanguinante di dolore annunciano la bianchezza improfanata dell’innocenza… come  la fame, la sete, i desideri, la sessualità, le pulsioni di vita a venire, la loro lettura in profondità trafiggono ogni peccato e ciò che resta dell’amore arde di nuove invettive contro duemila anni di sottomissione… nessuno può insegnare a nessuno se non ciò che già albeggia nella propria coscienza… le luci, le ombre, i neri, i pezzi di corpo della Grispello allora si buttano fuori dall’amore che non sa piangere… dalla compiacenza in uso del corpo uomo-donna… e occorre dunque andare alla risorgenza dell’amore e cantare la canzone che ogni ogni tempo fu cantata, diceva… quando il vento pettinava i capelli dietro i salici piangenti delle fanciulle in fiore… e la rugiada colava lungo i corpi danzanti che si offrivano ai cavalieri che fecero l’impresa… ecco è lì che le fotografie della Grispello sono affidate al fiume dell’inconoscenza, s’abbandonano sul fiume della vita e scendono al mare della storia… il passato sembrano dire brucia ancora sotto le ceneri del dolore ma la possibilità di vivere strappa le spine dalle biografie e sono proprio in questi istanti scippati al purgatorio dell’aggressività che si coglie la parola d’amore che cela l’umano.

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Per chiudere, come anche per aprire… la ricusazione del dolore è una genesi materica, libertina, libertaria, erotica, non una fantasticheria astuta… è la via per eccellenza che conduce in terre liberate… santi, briganti, eretici o i fratelli e sorelle del libero spirito sono stati bruciati, impalati, sgozzati o hanno ingoiato il piombo fuso… non hanno mai visto nulla di sconveniente nel libero amore, nel furto, nella prostituzione e perfino nelle estorsioni quando il diritto di avere diritti veniva calpestato… la sola parola che perseguivano con tenacia era: libertà! L’iconoclastia che praticavano poggiava sull’idea del tutto utopica, non per questo minore alle dottrine e ideologie dominanti… il sangue versato d’una persona giusta o degna di rispetto valeva quanto il sangue di cristo, di un re o di un papa… l’immoralità è nei regolamenti, nelle legislazioni e nelle morali… beato è chi si rende beato per se stesso e nei modi che vuole… non c’è paradiso né inferno, la ricerca della felicità è la sola vera religione.

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Insomma… il corpo è l’atlante su cui s’imprimono le ideologie, le filosofie, le culture e le concezioni del mondo… si tratta di praticare la libertà del corpo come liberazione di tutti i postulati che lo imprigionano nel non vissuto quotidiano… tutto ciò che il corpo desidera è anche il sacramento per ottenerlo… fratello, sorella, ama chi vuoi amare, colpisci chi ti vuole colpire, non avere nessuna colpa da confessare… l’impudore dell’amore è la sola misura del vero, del buono e della riconciliazione con le periferie della Terra… la persona libera è il creatore dei propri meriti… non c’è altra strada più onorevole per conquistare la felicità, se non quella che da libero corso a tutte le passioni… lo diceva l’asino Platero (forse): poiché sono le immagini che ci legano al mondo, non ci si può staccare da tutto questo senza aver in precedenza infranto l’ignoranza, il servaggio e la falsità… la sacralità della sessualità sta nel vestito che si alza la dea dell’oscenità Baubo e offre il sesso allo sconcerto di uomini e donne… Baubo parlava con ciò che aveva tra le cosce… la vagina era la sua bocca… vedeva con i capezzoli irti (nella bocca di chi li succhiava)… Baubo è la cantadora della fertilità dissacrata… i lupi delle praterie sono i prediletti di questa dea sporcacciona… la morale ultima è non avere nessuna morale perché nel sacro, nell’osceno, nel sessuale c’è sempre una risata in attesa dell’istintivo, dell’appassionato, del femminile che irrompe nella sessualità della gioia.

Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

Ecco perché gli uomini scivolano contro le donne, e si strofinano con quello sguardo negli occhi che dice: ‘Ho un tale prurito’. Sai, quel cazzo universale prude sempre da quella prima volta che è corso via” 9. Il disonore dell’amore è la rassegnazione diventata obbligatoria, la dignità spezzata nell’ostia, la bellezza violata nella brutalità dei doveri… afferrare la felicità della sessualità liberata significa sconfiggere gli artifici della conoscenza, accompagnare le belle parole sempre tramontate con un sorriso o uno sputo… l’impudenza più ereticale è fare della propria vita un’opera d’arte.

9. Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi, Frassinelli, 1993

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Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 25 volte gennaio 2020

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