
“Per me, la fotografia non è solo un’arte visiva, ma qualcosa di più vicino alla poesia, o almeno a una certa poesia, come l’haiku.” – Frank Horvat
Ricordato nella sua lunghissima carriera di fotografo per la rottura degli schemi, calando le modelle nella vita reale, tra le gente, nel metrò, come poi molti dopo di lui, fa incontrare la fotografia di strada con la fotografia di moda. Erano gli anni 50.
Nasce in Italia (ora Croazia), da famiglia ebrea che fugge in Svizzera. Lì inizia il suo amore per la fotografia, barattando la collezione di francobolli per la prima macchina fotografica. Perché come gli suggerì un amico lo avrebbe aiutato con le ragazze, vincendo la sua timidezza. Cittadino del mondo, rientra in Italia, incontra a Parigi la fotografia umanista.
Poi il viaggio, la scoperta, come giornalista freelance, con le prime foto pubblicate su riviste importanti e l’esposizione al MOMA, la ricerca del bello nel quotidiano, in momenti congelati dal suo obiettivo, intimità rubate per le strade del mondo, con sensibilità ed empatia. A rilevare le contraddizioni, la povertà, o il caos nelle strade di New York. Sono immagini che ti prendono, che guardi e riguardi, a tratti poetiche. Dove l’umanità è sempre al centro. Sarà la lunga carriera di fotografo di moda, campagne e brand importanti, a renderlo famoso, conteso tra “Elle”, “Vogue”, “Harper’s Bazaar”. Ma la fotografia documentaria lo ha sempre richiamato, entrando per un breve perioso, dal 1959 al 1961, a far parte dell’agenzia Magnum. Abbraccia presto il colore, segue progetti personali. A Parigi, nonostante problemi alla vista, negli anni 80, la sostituisce con l’udito, per poi riprendere a fotografare, abbraccia il nuovo, sperimenta, dall’analogico al digitale, sino al fotoritocco, dove libera la sua fantasia, creando un bestiario di animali fantastici. Muore a 92 anni nel 2020. La figlia Fiammetta ne cura l’immenso archivio.
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Tutti i diritti riservati © Frank Horvat © Frank Horvat Studio

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