
“First trip to Bologna 1978 /Last trip to Venice 1985”, del fotografo giapponese Seiichi Furuya, è un lavoro intenso, da poco pubblicato in forma di libro, in cui l’autore racconta il primo e l’ultimo viaggio fatti insieme a sua moglie Christine Gössler. attraverso ritratti intimi e fermo immagini che gli hanno permesso di ricostruire la memoria di quei momenti, fino al tragico evento del suicidio di lei. Sono oramai trentasette anni che Furuya viaggia tra i ricordi, alla ricerca di risposte a cui probabilmente non sarà mai possibile rispondere, sempre in bilico tra sentimenti che hanno a che fare con la gioia di vivere e la sofferenza che nasce dall’incertezza della vita umana.
Seiichi Furuya ha lasciato il Giappone, paese di origine mai amato, nel 1973, salendo a bordo di un treno della Transiberiana. Arrivato in Austria ha vissuto per un po’ a Vienna per poi muoversi a Graz, dove nel 1978 incontra Christine. Da quel giorno ha iniziato a fotografarla, nell’intimità della loro casa a Graz ma anche durante i loro viaggi all’estero – in Germania, Inghilterra, Italia… e in Giappone, la loro meta più lontana. Christine ha studiato storia dell’arte e ha lavorato per la radio, realizzando programmi documentari. Dopo la nascita del loro figlio, nel 1981, si è interessata sempre più al mondo del teatro e contemporaneamente ha cominciato a mostrare i primi segni di schizofrenia che l’hanno indotta a suicidarsi a Berlino Est nel 1985.

Da quel tragico evento, la ricerca continua e ossessiva di Furuya nei suoi archivi, lo ha portato a realizzare tra il 1989 e il 2010, cinque libri intitolati “Memoires” e nel 2020 “Face to Face”.
Circa quattro anni fa l’autore trova, nella soffitta di casa, dei film super 8 in cui era documentato il loro primo viaggio, a Bologna, di cui aveva perso memoria. “All’inizio del 2018 ho deciso per l’ennesima volta di fare quella che ho chiamato “la pulizia finale della mia vita“. Questo di solito significava che avrei iniziato a ordinare le cose che si erano accumulate in soffitta nel corso degli anni, cercando di sbarazzarmi di quante più cose possibili. Il mio vero obiettivo era quello di cercare le cose in possesso di Christine che erano rimaste intatte in soffitta per decenni. Mentre lavoravo a una mostra personale, avevo cominciato a pensare per la prima volta di rendere pubbliche le immagini realizzate da Christine e di esporle. Per me era chiaro che la pulizia mi avrebbe inevitabilmente permesso di trovare materiale per questo progetto. Non solo mi sono imbattuto in varie cose che a malapena ricordavo esistessero, ma ne ho scoperte alcune che non avevo mai visto prima. Tra queste, c’erano alcune bobine di pellicola super 8 e una serie di nastri con registrazioni vocali fatte da Christine. “


Furuya le guarda, pieno di nostalgia e amore. Alcune volte deve fermarsi. Per l’emozione non riesce ad andare avanti. Possibile che dopo trentacinque anni non avesse ancora risolto o metabolizzato la sofferenza per la sua perdita? A volte la mancanza di memoria era così acuta da chiedersi se mai fosse stato davvero a Bologna. Da queste bobine Furuya estrae dei frame che entrano a far parte del lavoro. È un lavoro lento, certosino, doloroso, portato avanti durante il lockdown e l’immobilità forzata causata dalla pandemia.
La casa editrice Chose Commune decide di pubblicare il libro associando a questo di Bologna, le immagini dell’ultimo viaggio fatto insieme a Venezia, già pubblicate nel 2002.


Furuya narra: ”La destinazione non ha importanza. Qualcosa di lontano. Solo noi due, disse improvvisamente durante la seconda notte dopo il ritorno a casa. Era stata ricoverata in ospedale per circa una settimana. Anch’io avevo voglia di lasciare la casa, dove l’odore opprimente della malattia sembrava essersi diffuso. Mi sembrava che gli oggetti familiari, persino i nostri amici e il paesaggio che ci circondava, l’avrebbero solo portata a una maggiore confusione. Ho scoperto che c’era un treno di mezzanotte per Venezia, così ci siamo affrettati a raggiungere la stazione. Lasciammo la città di Graz, sulla quale era sceso il buio più profondo, il freddo e la depressione. Arrivammo a Venezia la mattina seguente. La città lagunare si stendeva davanti a noi piatta e incolore, quasi priva di gente e appena sveglia. Invece del nevischio, dei prati impalliditi e di un gelido paesaggio montano, ci accolse una città di pietra bagnata dalla fragranza del mare.”


Ma non basta allontanarsi per cancellare il dolore che attanaglia il cuore. Dopo due giorni lasciano Venezia sotto la pioggia. Emozioni diverse si alternano in Furuya. Da un lato la sensazione di avere Christine nuovamente vicina, dall’altro quella di averla persa per sempre. In un giorno d’autunno, qualche mese dopo, Christine si toglie la vita a Berlino est.



Qual è la differenza tra questi due viaggi? Furuya afferma: “Può darsi che la differenza tra immagine in movimento e statica, film e fotografia, abbia giocato un ruolo e influenzato il funzionamento della mia memoria. Per un momento ho avuto l’illusione che il nostro viaggio a Bologna sarebbe iniziato dal momento del ritrovamento delle bobine. L’unica cosa che ricordo di quel viaggio, è che lì avevo preso la decisione di sposare Christine. Sarei tornato in Giappone ad annunciarlo ai miei genitori dopo aver passato cinque anni in Europa, e Christine mi avrebbe accompagnato. Questi giorni devono essere stati pieni di gioiosa attesa. Forse è questa la vera ragione per cui non riesco a ricordarli.”


Quella di Furuya è oramai una missione. Come ha affermato durante la presentazione al festival, la morte di Christine è stata un “dono” e ora l’unico scopo è darle la visibilità e la notorietà che si merita. In fotografia sono sempre più rari i lavori che donano vere emozioni, senza ricorrere a trucchi estetici. Questi due viaggi ce le offrono ed è importante accorgersene e accoglierle.
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Ha lavorato a progetti a lungo termine concentrandosi sulle profonde conseguenze di conflitti e disastri naturali sulla società.
Ha ricevuto diversi premi, tra cui il World Press Photo, il Picture of the Year International (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il Best of Photojournalism (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il PDN Photo Annual, il Fnac Attenzione Talento Fotografico, l’International Photography Award, l’International Photographer of the Year al 5° Lucie Awards e il Sony World Photography Awards. E’ stato finalista all’Aftermath Grant 2011. Ha ricevuto la nomination per il Prix Pictet 2009 “Earth” e 2015 “Disorder”. Il suo progetto “Il Mare siamo Noi” è stato selezionato per il Vevey Images Grant 2015 e 2017.
E’ stato Leica Ambassador e Talent Manager dell’agenzia LUZ una delle più importanti agenzie fotografiche italiane.
Da anni è impegnato nella didattica con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie, la REA e la D.O.O.R. Akademy.
È uno dei membri e fondatori di D.O.O.R., una factory romana che si occupa di fotografia, talent scouting e publishing.
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