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Fermi senza disturbare [Valentina Giovinazzo]

di Valentina Giovinazzo

Mi piace utilizzare il termine “ponte” per descrivere la funzione di congiunzione e di condivisione fra persone, pensieri e sentimenti. Perché è vero che 

i ponti uniscono, ma ci ricordano anche che noi siamo tante isolette, ognuno con le proprie visioni del mondo.

Quando mi trovo in luogo nuovo, mi piace immergermi tra la sua gente, nei profumi e nell’autenticità dei luoghi. Una piccola ricerca personale per scoprire la genuinità delle persone.

La cosa più affascinante è quando un luogo vive dentro i volti delle persone. Inizialmente non porto mai la macchina fotografica, mi piace ritornare 

in un secondo momento con più consapevolezza.

Osservo le persone con attenzione e mi soffermo sui particolari. Siamo tutti così meravigliosamente unici. Ognuno con la sua storia, che magari non  porta in giro, ma che  nasconde proprio in quei particolari. Veniamo talmente bombardati da immagini che ci siamo disabituati a soffermarci. Oltre all’immagine, una fotografia contiene un istante irripetibile di tempo e di vita.

Abbiamo la possibilità di far conoscere il mondo o gli avvenimenti; ognuno con la propria sensibilità e il proprio modo di vedere. Non credo molto sull’originalità di una foto  ma credo molto nelle emozioni che  può trasmettere. Quando una foto trasmette anche una piccola emozione abbiamo condiviso della bellezza, contribuendo in qualche modo alla ricchezza di questo mondo.

Amo la mia terra, i suoi profumi e i suoi colori, ma nell’ultimo periodo provo un forte senso di rabbia e frustrazione.

La situazione che stiamo vivendo non aiuta, spesso taglia sogni, progetti e speranze. Mi guardo intorno e non riesco ad identificarmi più con questi luoghi, ed è davvero opprimente. Sono i luoghi della mia infanzia, quei luoghi tanto amati, rimasti fermi come fantasmi, pieni di strutture prive di vita. 

In questo ultimo periodo ho ripreso la macchina fotografica (dopo una lunga pausa)  e sono ritornata più volte in questi luoghi. Partendo dall’ identità 

ho cercato di guardarmi intorno e di guardarmi dentro.

Sono fotografie che accumuleranno del tempo, immobili, saremo noi a dargli un senso diverso ogni volta che le guardiamo. Senza dare una vera e propria interpretazione dei luoghi, senza una vera identità. Ho pensato al futuro e nella mia testa è rimasto tutto fermo. Proprio come quelle strutture ferme, senza disturbare lo scorrere del tempo.

Ho usato la macchina fotografica come una dolce terapia.

E’ venuta fuori l’ansia di questo periodo, quel lato represso e fermo da tanto tempo ormai. E’ vero, dai momenti difficili spesso possiamo trarre i più grandi insegnamenti ed essere stimolati a creare qualcosa di bello. Questo per me è stato un piccolo passo avanti.

Continuerò a scattare altre foto come queste. Non importa se le foto piaceranno o meno cercando approvazione tra la gente. Non credo di salvare la situazione che ci circonda con queste foto, ma in qualche modo, forse, sto cercando di salvare quella parte di me a cui tengo tantissimo: la creatività.

Credo fermamente che abbiamo bisogno di gente curiosa, gente in grado di compiere azioni poetiche, in grado di lasciare segni indelebili di amore e di silenziosa speranza.

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