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Federico Calogero (IED Roma)

di PHocus Young Student

Info

Federico Calogero è nato a Messina nel 1994. Dopo alcuni anni da autodidatta, nel 2020 vince una delle borse di studio del corso di laurea in Arti Visive presso l’Istituto Europeo di Design di Roma. Da sempre la sua narrativa si basa sulla memoria e sulle molteplici sfumature della condizione umana, concentrando il suo lavoro nella realizzazione di diari personali nei quali ritrae persone e luoghi intrecciandoli alla sua personale ricerca emotiva.

Nel 2021 è tra i selezionati del Canon Student Programme, sotto il tutoraggio di Guia Besana porta a termine il primo dummy di “senza memoria, senza sentimento”, un libro d’artista che prova a rappresentare visivamente la sua percezione della memoria.

Nell’Aprile 2022, “senza memoria, senza sentimento” fa parte delle nominee dell’ottava edizione del Fine Art Photography Awards nella categoria Conceptual e viene esposto presso la Exante Galleria di Messina.

Sotto il cielo di Roma tutto brucia

Dicono che la memoria abbia una scansione propria, che diminuisca con l’avanzare dell’età. Immagazzina e allo stesso tempo dimentica. Senza accorgercene trascorriamo intere vite a cercare di esportare un ricordo, proiettarlo ancora nel presente.

Quanti di questi momenti reinventati sono però, realmente accaduti? E se ti ritrovassi in un luogo nuovo ma stranamente familiare? Come se i tanti livelli di sovrascrizione della nostra memoria lasciassero passare frammenti di quello che è stato già visto, vissuto.

Sotto il cielo di Roma tutto brucia, è una bussola. Un invito a muoversi all’interno di uno spazio, a cercare una luce diversa per vedere meglio. Un invito a muoversi tra le pieghe della nostra memoria.

Senza memoria, senza sentimento

Cosa succede alla nostra memoria quando ricordiamo qualcuno che abbiamo amato? Questa è la domanda che mi ha guidato per tutto il tempo della realizzazione del progetto. La memoria a volte dimentica di ricordarsi di dimenticare. Lavorando su emozioni contrastanti. che si riflettono sulla memoria come due attività in lotta fra loro: la rimozione, non sempre conscia. dei momenti più bui e il rischiaramento di quelli ancora impressi, senza memoria. senza sentimento, tenta di chiarire un’esperienza estremamente soggettiva e per questo pericolosamente nebbiosa. Un primissimo traguardo l’ho ottenuto grazie alla ricerca di un linguaggio in grado di poter rappresentare visivamente la mia memoria, un linguaggio che riguarda la tecnica di stampa usata per lo sviluppo degli scatti. Attingendo dal mio archivio fotografico, mi sono affidato alla tecnica del Transfer, che consiste nel trasferimento di pigmenti da una superficie a un’altra. Caratteristica peculiare del procedimento è la sua imperfetta efficacia, l’alto tasso di errore nel trasferimento dell’immagine. che può portare alla perdita casuale di porzioni di essa. Le pagine alternano momenti di totale sconforto, rappresentati dal buio più totale laddove la rimozione abbia fatto piazza pulita, ad altre così nitide da far rivivere l’emozione di quella traccia di memoria. In fine una possibile risposta: una volta che si è dimenticato. non c’è più modo di mettere ordine, né per l’occhio esterno né tantomeno per chi quella rimozione la vive in prima persona. E’ la vittoria finale della forma rispetto al contenuto, del linguaggio rispetto a ciò che vuole spiegare, ma è anche una vittoria che ha un retrogusto di una sconfitta, perché potremmo goderne finché si è in tempo per ricordarla.

Proposta per CONFINI

C’eravamo tanto amati.

Ci si sente alla fine del mondo in Sicilia. Non appena si passa lo Stretto di Messina e il treno comincia a danzare sui binari divenuti all’improvviso troppo stretti, la velocità rallenta. (Leonardo Sciascia).

La Sicilia che non è solo “metafora” di una civiltà in continua trasformazione, che spesso si guarda indietro, ma anche uno spazio in cui, attraverso la memoria, gli odori e sensazioni è possibile visitare un patrimonio storico-culturale, materiale e immateriale, capace ridefinire il significato stesso di identità.

Forse proprio per questo, per molti come me, attraversare lo Stretto è necessario.

I confini dell’isola sembrano imporsi e annullarsi fino a creare un’immagine che resta ben impressa nella mia immaginazione, è un ritratto di famiglia che non invecchia col tempo.

La Sicilia è per me quel palcoscenico sul quale più che vivere la vita, la si rappresenta.

Messina, la mia città natale, si allontana dalla teatralità popolare ben nota.

Messina è avanguardia scenica, un’attrice seduta sul bordo del palcoscenico mentre la scenografia intorno viene smontata.

L’idea della progetto è di tornare nei miei luoghi d’infanzia e indagare ancora le ragioni della mia fuga dall’isola, stesse ragioni che spesso mi tornano in mente quando sono lontano.

Come in Sotto il cielo di Roma tutto brucia*, voglio orientarmi in uno spazio lasciandomi guidare dalla bussola della mia memoria.

 

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