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FABIO BUCCIARELLI – Come va il mondo là fuori?

di Paolo Ranzani

Ho incontrato Fabio Bucciarelli, celebre fotoreporter italiano, che si è speso moltissimo in vari territori dove il conflitto è purtroppo all’ordine del giorno. Molti degli eventi storici degli ultimi quindici anni se li è vissuti sulla pelle; nei suoi occhi puoi ancora vederglieli addosso quando gli parli e gli fai raccontare qualcosa di sé. Mi ha accolto nel suo studio-loft, una specie di factory sempre in movimento, dove accadono molte cose sempre legate alla fotografia e alla comunicazione, ed è un luogo atto anche a stringere relazioni. Io ero lì per farmi raccontare qualcosa del suo nuovo libro, e sono partito da una semplice domanda: “Come va il mondo là fuori?”.

From Occupied Territories Book (Dario Cimorelli Editore 2025) / Palestinians screaming during the "March of Return protest" at Eastern Gaza City's border with Israel on April 13, 2018. The "Great March of Return" is a public wave of protests, a civil movement aimed to break the Israeli siege of Gaza Strip and to uphold the Palestinian right to return to their homeland.

Ed è da qui che ho visto che il mondo che ha fotografato, che ha vissuto, è ancora lì, sopra e sotto la pelle. Mentre racconta le sue visioni su Ucraina, Gaza e Sud Sudan, si sente la rabbia: ci si accorge che i fotoreporter come lui non vanno in giro solo per raccontare storie e portarle a noi lettori, ma sono lì per capirci qualcosa, prima di noi. Sono lì per capire come va davvero il mondo, prima che i giornali e tutti i media si approprino delle notizie e le girino a modo loro, a seconda della corrente politica che paga gli stipendi, o prima che i social inizino a creare fake e a disorientare ancora di più gli utenti.

“Mai come oggi l’informazione è stata così accessibile, eppure mai come oggi è stata così fragile e difficile da riconoscere: selezionata, filtrata, cancellata, trasformata in propaganda. La censura digitale funziona così: silenziosa, senza spiegazioni.”

Questa cosa, che accade da un po’ di tempo, gli crea una piega nello sguardo ed è una delle motivazioni per cui ha scelto di eliminare intermediari inutili e iniziare a rivolgersi direttamente al pubblico, attraverso workshop, talk, meeting, giornate aperte con ospiti eccellenti, altri reporter, giornalisti ed editori. Ha cominciato a scrivere una newsletter, come risposta alla censura che qualche mese fa ha colpito anche il suo profilo Instagram. È una migrazione che forse è solo l’inizio di qualcosa di ancora più grande, che parla di un futuro in cui costruire senza intermediari scomodi, algoritmi guidati e censori.

La newsletter è anche uno dei mezzi su cui ha iniziato a raccontare dell’opera che adesso è diventata carta stampata di altissima qualità: “Occupied Territories: Stories from West Bank, Gaza and Lebanon” . Quello che è subito chiaro è che Occupied Territories non è solo il titolo del nuovo libro, ma la condizione quotidiana di chi vive in uno spazio e in un tempo segnati dall’occupazione israeliana, costante e opprimente.

Non si tratta semplicemente di luoghi sulla mappa come Gaza, Libano o la Cisgiordania. Questi territori sono simboli di un’esperienza più profonda, che va oltre la geografia. È la sensazione di un tempo sospeso, che non scorre come dovrebbe, e di corpi che non hanno la libertà di muoversi, di esistere senza limiti. È l’interruzione di vite, costrette a ridefinirsi continuamente in un contesto di conflitto eterno.

From Occupied Territories Book (Dario Cimorelli Editore 2025) / A Palestinian woman screams during a protest against the Israeli blockade of the Gaza Strip, inside the buffer zone near the eastern border of Gaza City, on May 18, 2018. Protesters used plast

Il libro è il risultato di anni di lavoro sul campo, dal 2013 al 2024, fra Gaza, la Cisgiordania e il Libano: un contenitore di memoria e testimonianza, un peso condiviso che non sarà più solo dell’autore, ma anche di chi sceglie di continuare a guardare e crede in un giornalismo indipendente e necessario.

Il volume è pubblicato in doppia lingua, con testi in italiano e in inglese. La copertina è rigida e le dimensioni sono 20,5 cm x 28 cm. Le pagine sono 180, con 100 fotografie, digitali e analogiche, a colori (stampate in quadricromia) e in bianco e nero (stampate in tricromia).

Per accompagnare e contestualizzare le immagini, ci saranno quattro reportage scritti sul campo per Il Fatto Quotidiano, realizzati durante i diversi viaggi. A corredo, tre schede paese offriranno uno sguardo storico essenziale.

La prefazione è firmata da Fabio Tonacci, collega di Bucciarelli e inviato de la Repubblica: a lui è affidato il compito di introdurre il libro, condividendo anche un dietro le quinte del lavoro insieme nelle aree di conflitto.

Come nel libro precedente (South Sudan: The Identity of the World’s Youngest Country, Cimorelli Editore 2024), anche qui c’è spazio per una riflessione più ampia sul ruolo del fotogiornalismo contemporaneo: con Andrea Tinterri, curatore e critico d’arte, prosegue l’intervista iniziata nel primo volume, tra informazione e visione.  

Final-Cover
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