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Evidence

di Massimo Mastrorillo

La vera arte riscopre per noi la bellezza. Un parametro per la sua valutazione è allora il grado di freschezza sotto cui ci svela la forma. Perché un’immagine sia bella non è necessario che sia sorprendente. Piuttosto dovrà essere in qualche modo significativa rispetto a ciò che l’ha preceduta (ecco perchè un artista non può permettersi di ignorare la tradizione del proprio mezzo).

Penso che il valore di un’opera d’arte possa essere misurato non solo dalla sua novità e dalla varietà degli elementi che armonizza, ma anche dalla facilità di esecuzione che dimostra.”

(Robert Adams)

Immagini ©Mike Mandel/Larry Sultan

Negli anni 70 Mike Mandel e Larry Sultan fecero un lavoro di ricerca e selezione di immagini negli archivi di istituzioni culturali, politiche e di grandi corporation. Le immagini vennero poi editate per realizzare Il progetto e il libro EVIDENCE. Molti hanno sostenuto fosse un libro di carattere politico ma la realtà è che i due autori si sono limitati a imporre una narrativa basata sulla selezione e le sequenze create con immagini, di fatto, decontestualizzate. Mandel e Sultan consideravano le immagini di questi archivi dei reperti, dei pezzi di memoria e pertanto degli artefatti con un chiaro connotato culturale, non solo descrittivo. La loro è stata un’esplorazione di carattere poetico sul concetto di ricostruzione dell’immaginario. Estrapolate dal loro contesto originario e inserite in una narrazione creata sulla base della logica nascosta all’interno delle stesse, queste immagini, apparentemente mute, in quanto decontestualizzate, si sono rivelate ricchi indizi archeologici della società che le ha create. Ma la narrativa creata dai due autori è allusiva e aperta a più letture e conclusioni. Non viene raccontato nulla di veramente concreto ma ci portano in luoghi da interpretare. Immagini non pensate per essere opere d’arte lo diventano a tutti gli effetti.

Immagini ©Mike Mandel/Larry Sultan

In qualche modo la loro esperienza si avvicina a quella del fotografo protagonista del film Blow Up di Michelangelo Antonioni. Più il fotografo ingrandiva l’immagine stampata, più ci entrava dentro e più sconcertante diventava il suo rapporto con la stessa.

Evidence è un lavoro di estrema attualità. Oggi siamo bombardati da un numero impressionante di immagini. Molti sono gli autori che preferiscono lavorare con le immagini trovate. Del resto lo stesso Jean Luc Godard sosteneva che autore è colui che si appropria di un’immagine, non necessariamente colui che la realizza.

Immagini ©Mike Mandel/Larry Sultan

In un contesto di iperproduzione iconica dobbiamo comprendere che esiste una REALTÀ, un’IMMAGINE DELLA REALTÀ e una REALTÀ DELL’IMMAGINE. Ossia esiste una realtà che attira la nostra attenzione e che ci induce a produrre una o più immagini ma che poi queste immagini restano e diventano esse stesse realtà e possono quindi essere usate da altre persone per gli scopi più disparati. In sostanza la nostra esperienza oggi dipende tanto dalla realtà stessa che dalle immagini che questa realtà ha disseminato.

Cosa è quindi necessario imparare a fare? INTERPRETARE, SELEZIONARE, SCEGLIERE. Queste sono tre capacità che sono sempre state alla base dell’autorialità in fotografia ma che mai come ora sono fondamentali, visti i tempi e le opportunità che ci vengono fornite. Tanti sono gli esempi di questo tipo. I documentari di Adam Curtis, The Looking Game del collettivo Discipula, Found Photos in Detroit di Arianna Arcara e Luca Santese, di Penelope Umbrico ecc.

Immagini ©Mike Mandel/Larry Sultan
Immagini ©Mike Mandel/Larry Sultan

Ricordatevi che la fotografia ancor più che testimonianza di un evento o di altre persone è testimonianza della nostra esistenza e che la nostra esistenza creativa oggi richiede una grande lucidità.

Massimo Mastrorillo

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Massimo Mastrorillo

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