E’ un nome che fa subito venire in mente incontri ravvicinati con la fauna selvatica e l’ambiente, il lavoro di David Yarrow ha dimostrato la capacità di fotografare gli animali selvatici nel loro habitat naturale per creare immagini impressionanti, incantevoli.
Per realizzare fotografie di questo genere è ovvio che ci voglia un gran sacrificio, necessario accamparsi nella natura selvaggia dell’Alaska o di essere rinchiuso in una gabbia circondato da tigri siberiane, ed è quindi la determinazione e l’impegno di Yarrow che permettono a ciascuna delle sue immagini di avere una vita e una storia proprie, ci vuole pazienza e abilità tecnica.
Prima di imbarcarsi in un’avventura e iniziare il processo fisico di individuazione ed esecuzione dell’immagine perfetta, Yarrow compie ricerche approfondite sulla logistica del viaggio, la conoscenza dell’animale e del luogo e del periodo migliore. Avere relazioni sul campo è fondamentale, essere empatici e costruire sinceri rapporti con i collaboratori.
Oltre alle fotografie in natura sono altrettanto apprezzate quelle costruite, chiamiamole “in posa”, quelle in cui David mette in scena situazione studiate ed elaborate e che spesso fanno riferimento al grande cinema americano. Queste immagini sono altrettanto sorprendenti e diventano avventure visive che coinvolgono celebrità e animali addestrati.
David Yarrow è nato a Glasgow, in Scozia, nel 1966 e si è avvicinato alla fotografia a 20 anni lavorando come fotografo per il London Times sul campo di gioco durante la finale della Coppa del Mondo a Città del Messico. Quel giorno, David scattò la famosa foto di Diego Maradona con in mano la Coppa del Mondo e, di conseguenza, gli fu chiesto di coprire le Olimpiadi e numerosi altri eventi sportivi.
“NON SONO SICURO DI COME SAREBBE STATA LA MIA CARRIERA SE NON AVESSI SCATTATO QUESTA FOTOGRAFIA”.
Alcuni film sono stati uno spunto per il lavoro fotografico, ad esempio il mitico “Lo squalo” di Spielberg, pare sia stato molto istruttivo per il viaggio di David in Sudafrica nel 2011, dove, dopo tantissime ricerche e appostamenti, è riuscito ad immortalare uno squalo bianco a caccia nelle prime ore del mattino mentre addenta una foca, un viaggio che aveva poche probabilità di riuscita ma che poi ebbe un risultato enorme, e quella celebre fotografia, seppur drammatica, ha cementato le basi della sua carriera.
Molti ritratti di alcuni degli animali più minacciati al mondo, spesso scattati in luoghi remoti, costituiscono gran parte del suo primo portfolio. Il loro scopo non è solo quello di trasmettere un senso del luogo, ma anche un senso del carattere, una attenzione al mostro mondo che poco conosciamo e che non trattiamo con la dovuta cura.
“Forse un giorno troveremo la vita altrove, ma dubito che sarà speciale quanto quella che abbiamo sul pianeta che abbiamo la fortuna di chiamare casa.”
L’intraprendenza poi è un lato del suo carattere che è stata fondamentale per raggiungere i livelli topo della sua carriera. Nel dicembre 2015 David stava effettuando delle riprese a Ghost Town, nel Montana, quando lui e il suo team sono entrati in un bar e hanno chiesto di poter fotografare un lupo ammaestrato che camminava al centro del locale. Il proprietario ha risposto: “Certo, è già pieno di lupi qui dentro”.
Da quel giorno è nata la serie “The Wolf on Main Street” ha avuto un riscontro enorme con il pubblico di tutto il mondo, forse più delle riprese della fauna selvatica degli anni precedenti. Questo genere di riprese fotografiche ha aperto la strada all’esplorazione di modi diversi di raccontare con le immagini storie ispirate ai luoghi, alle persone e ai narratori che David ammira di più.
Grazie alle sue serie di racconti, David ha avuto l’opportunità di collaborare con alcuni dei personaggi più importanti del mondo, tra cui Cindy Crawford, Cara Delevingne ed Erling Haaland. La filantropia è spesso al centro di questi progetti e negli ultimi cinque anni sono stati raccolti oltre 15 milioni di dollari.
David è un grande appassionato di sport, è cresciuto vedendo la sua amata Scozia perdere in ogni sport possibile, ma rimane ottimista. L’industria dello sport sta crescendo più velocemente che mai e David riconosce l’influenza degli sportivi nella loro posizione di modelli di ruolo e figure di ispirazione per miliardi di persone in tutto il mondo. Nell’ambito della serie “Icone sportive”, David cerca di umanizzare questi individui e di fotografarli in contesti unici. Anche in questo caso il fine è la beneficenza ed ha collaborato con personaggi come John McEnroe, Mikaela Shiffrin e Gary Player.
È autore di quattro libri fotografici: Nowhere (2007), Encounter (2013), Wild Encounters (2016) e David Yarrow Photography: Americas Africa Antarctica Arctic Asia Europe (2019).
L’ultimo libro di David, Storytelling, contiene oltre 130 immagini di David Yarrow scattate dal 2019. Il libro contiene una prefazione scritta dall’icona culturale americana Cindy Crawford. La collaborazione tra David e Cindy ha permesso di raccogliere finora oltre 3 milioni di dollari per la UW Health Kids Cancer Care Charity. I diritti d’autore di questi libri sono stati tutti devoluti in beneficenza.
Yarrow è stato selezionato per il Wildlife Photographer of the Year Award del 2013. I suoi viaggi fotografici gli hanno permesso di conoscere a fondo le principali questioni ambientali e geopolitiche. Queste conoscenze vengono messe a frutto nel suo impegno a lungo termine a favore di Tusk, una delle principali organizzazioni benefiche per la conservazione dell’Africa, e di altri enti di beneficenza per i quali ha raccolto complessivamente 10 milioni di dollari di donazioni.
Yarrow continua a viaggiare in tutto il mondo, fotografando molti dei luoghi più remoti e belli del pianeta.
La sua fotografia evocativa e coinvolgente della vita sulla terra si distingue tra tanti altri emulatori e gli ha fatto guadagnare un seguito sempre crescente tra i collezionisti d’arte. Oggi è riconosciuto come uno dei fotografi più venduti a livello globale.
L’attrezzatura che David porta con sé sul posto varia naturalmente in base al soggetto dell’incarico e alle condizioni di luce/climatiche dell’ambiente in cui fotografa.
“Ammetto di essere stato scettico sul passaggio di Nikon verso un sistema mirrorless, ma mi sbagliavo. L’azienda ha preso una decisione molto coraggiosa nel decidere di terminare il programma SLR che ho abbracciato e di cui ho beneficiato per 40 anni coprendo ogni evento immaginabile. Ma è una decisione che sarà ricordata con affetto da una generazione. Strategicamente hanno preso la decisione giusta: la Z9 è la mia fotocamera.”
NIKKOR AF-S 200mm f/2G
NIKKOR AF-S 300mm f/2.8G
NIKKOR Z 600mm f/4 TC VR S
PocketWizard Plus III Remotes
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Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
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