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Dai diritti negati al Manifesto per una fotografia di bellezza e giustizia [Felisia Toscano]

di Felisia Toscano

Se la giustizia è il criterio dei fini, la legalità è il criterio dei mezzi.

W. Benjamin

Il “Manifesto” Rientra nelle nostre corde… un invito ad aderire!

Ogni immagine di povertà, di sofferenza, di terrore è un racconto di una realtà che esiste ma, che fondamentalmente dovrebbe essere diversa.

Fotografare la sofferenza, contiene implicitamente la volontà di cancellarla, mostrarla per non ripeterla. I fotoreporter sono tra i primi ad aver mostrato al mondo la fotografia della sofferenza.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dalle Nazioni Unite nel 1948, nasce non da un sentimento di ottimismo ma, come conseguenza delle rivoluzioni, delle guerre e di tutti quei delitti di cui l’umanità si era macchiata.

I Diritti Umani sono quindi il frutto dell’orrore, non dell’amore, sono la volontà di creare qualcosa di nuovo, un’ideale di solidarietà, di benevolenza.

Come può la fotografia raccontare i Diritti? Probabilmente raccontando l’assenza degli stessi mai, la presenza. Solo se fotografo una bambina a piedi scalzi dinanzi ad una baracca, posso raccontare il diritto negato ad avere una casa.

La fame assomiglia all’uomo che questa stessa fame sta uccidendo” ha scritto Eduardo Galeano, guardando una fotografia di Sebastião Salgado.

La fotografia della sofferenza, del dolore ci fornisce una visione fisiognomica dell’umanità, come i ritratti di August Sander che avevano lo scopo di far emergere la natura degli uomini della società, una società capace di plasmarli e dar loro fattezze esteriori visibili, una fotografia che svolge tre compiti contemporaneamente: documentazione, propaganda, esercizio dello sguardo. La fotografia che diventa fenomeno sociale, che influisce sulla società e ci consente una maggiore comprensione della realtà, non una società che influisce sulla fotografia. Conoscere il dolore dei soggetti fotografati, vuol dire conoscerne l’assenza di giustizia non la biografia. Tessere le lodi di uomini stremati dalla fame, ritrarre corpi straziati e sguardi pieni di sofferenza, concedendogli attraverso l’immagine la più alta forma di rispetto per l’uomo, significa farsi portatori di una fotografia di bellezza e giustizia, senza alcun paradosso. Trovare la bellezza nei posti sbagliati, vuol dire trovare una bellezza che non è possibile incontrare in nessun altro luogo. Mostrare l’inguardabile e dire l’indicibile è ciò che è possibile fare con la fotografia, non quella industriale, non quella delle masse ma, quella capace di raccontare con la cura e l’amore.                              

Adorno scriveva: “Le vittime sono trasformate in opera d’arte, sbattute in mostra per essere divorate dal mondo che le ha massacra-e. La cosiddetta resa artistica del nudo dolore fisico di quanti furono picchiati con il calcio dei fucili contiene in sé, per quanto remota, la possibilità che se ne possa trarre piacere […]L’impensabile […] viene trasfigurato, il suo orrore è in parte rimosso. Già solo per questo si rende ingiustizia alle vittime, eppure un’arte che evitasse le vittime non potrebbe stare a testa alta davanti alle esigenze della giustizia.”

Mostrare le immagini, vuol dire eliminare qualsiasi forma di giustificazione, disintegrare qualsiasi “io non ho visto, non lo sapevo”.

Felisia Toscano

Manifesto per una fotografia di bellezza e giustizia
resistenza sociale, disobbedienza civile e poetica dell’immagine

“Il diritto di avere diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all’umanità, dovrebbe essere garantito dall’umanità stessa”. 
Hannah Arendt

«Sto cercando ciò che è veramente reale nel mio cuore: e quando l’avrò trovato, potrò stargli umilmente accanto e dire: “Ecco qui, questo è ciò che sento, questa è la mia onesta interpretazione del mondo; e non è influenzata dal denaro, da inganni o pressioni – tranne la pressione della mia anima”… Carissima mamma, sono calmo come una laguna addormentata, anche se questa, come me, potrebbe nascondere un vulcano sul punto di eruttare. Chi ti ha detto che c’è la possibilità che io venga fatto fuori, o che li faccia fuori. Dopotutto sono i miei otto dollari (in prestito) contro i loro otto miliardi (una cifra immaginaria)… Forse stiamo camminando tenendoci per mano, io e la tragedia, e con la disperazione siamo in tre, anche se il mio stomaco freme come quello di una danzatrice del ventre, la danzatrice è pagata, mentre il mio si va corrodendo… In altre parole, non allarmarti – sono in arrivo difficoltà, ma non devastazione. E ciascuno avrà il denaro che gli spetta.
La fotografia è un mezzo di espressione potente. Usata adeguatamente è di grande utilità per il miglioramento e la comprensione. Usata male ha causato e causerà molti guai… Il fotografo ha la responsabilità del suo lavoro e degli effetti che ne derivano… La fotografia per me non è semplicemente un’occupazione. Portando la macchina fotografica io porto una fiaccola ».
W.Eugene Smith

(…quando W. E. Smith è scomparso ha lasciato in eredità 18 dollari e un patrimonio culturale/fotografico per l’intera umanità).

1 La Fotografia dei diritti umani o della bellezza prodiga (che dona senza misura), esprime estetiche/etiche di resistenza sociale in affrancamento agli ultimi, gli sfruttati, gli oppressi o pratiche di disobbedienza civile contro la distruzione del pianeta azzurro… è una fotografia in libertà che — ovunque lo spettacolo delle ideologie, delle fedi o dei mercati riduce l’uomo a suddito — si oppone all’avvenire del terribile, dilata il pensiero della dissidenza e lo riveste di dignità… lavora per abolire l’attuale situazione d’ingiustizia, per costruire una società del bello, del giusto e del bene comune. La libertà è in ciascuno e non può essere mendicata né recisa. Tutti gli uomini nascono liberi e uguali, forse… ma ovun-que sono tenuti a catena. Si tratta di mostrare la vergogna d’ogni potere e renderla ancora più vergognosa!

2 L’immaginale della Fotografia dei diritti umani è sempre una finestra aperta sul mondo e una fotografia, quando è grande, contiene il ritratto di un’epoca. È deplorevole per l’educazione della gioventù che la storia della fotografia sia sempre stata scritta da gente che la fotografia del dolore non ha compreso. Non ci sono guerre giuste né guerre umanitarie o guerre di religione che possono giustificare le predazioni dei paesi ricchi contro i popoli impoveriti… la Fotografia dei diritti umani compensa con la dignità ritrovata, tutta l’impudenza e la mancanza di principi della vita dominata e denuncia le condizioni di schiavitù nelle quali versano gli ultimi della terra. Quando non c’è nessuna Utopia, non c’è nessun futuro!

3 La Fotografia dei diritti umani o dell’esistenza liberata opera uno spaesamento estetico ed etico dell’immagine fotografica e restituisce la percezione della libertà dove è stata schiacciata… il diritto alla dignità è inviolabile, non è negoziabile, non ha prezzo e su di essa nessuno può esercitare alcun potere (se non quello di reprimerla). Le azioni di disobbedienza civile espresse nella storia, sono riuscite ad abbattere diffidenze, barriere, discriminazioni e produrre maggiori libertà. Quando i governi cominciano a perdere il consenso, vuol dire che le proteste sono state efficaci!

4 La Fotografia dei diritti umani svaligia universi convenuti ed eleva il bello tra il reale e l’eternità. Soltanto i cattivi fotografi del “bello” esercitano una certa influenza e l’entusiasmo allo stato morboso del banale che lo presuppone. Ogni immagine presa alla storia della violenza corrisponde a un tipo di felicità da conquistare… i fotografi della libertà che si schierano a fianco dei diritti umani, sono testimoni o poeti che ci insegnano a riflettere, a non dimenticare… ci nutrono con le loro immagini grazie alle quali possiamo vedere di che materia sono fatti i nostri sogni… la coscienza e la conoscenza di questi corsari della fotografia del vero e del bello disertano tutte le discipline dei linguaggi figurativi, spalancano le gabbie della realtà condizionata affinché l’umanità non rinunci all’innocenza del divenire. La bellezza contiene anche la giustizia e non s’abbevera agli aromi avvelenati del consenso o alle stigmate del successo. Non appena un maestro vuole avere discepoli, diventa sospetto.

5 La Fotografia dei diritti umani fiorisce in affrancamento ai rivolgimenti e ai mutamenti sociali… combatte le strutture del dominio, del sapere e della tecnica e invera il cattivo uso della politica come museruola a una vita senza passioni… respinge dappertutto l’infelicita… non porta né la pace né la spada ma la vitalità di uno stile che fa paura perfino agli angeli… è l’autobiografia o la confessione in verità (non solo fotografica) che trabocca nell’epifania o poetica del disvelamento come linguaggio personale… la fine dell’ineguaglianza è la spinta che muove le giovani generazioni alla lotta per la libertà e non avrà mai tregua sino a quando gli uomini tutti non godranno dei medesimi diritti… principio e fine di ogni filosofia/politica è la libertà. Se vuoi essere universale fotografa la cucina della tua casa e i volti dei tuoi padri!

6 La Fotografia dei diritti umani o il risveglio delle coscienze (in fo-tografia e dappertutto) è un richiamo alla vita autentica e la sola occasione per mettere fine al miscuglio indecente di terrori, banalità, costrizioni che i poteri fluidi architettano contro i popoli addomesticati. Gli indesiderabili della terra sono alle porte dei palazzi e dicono che l’uomo non è stato capace soltanto d’inventare i campi di sterminio, la bomba atomica, la catastrofe del pianeta o il terrorismo della Borsa, ma anche di creare le rose blu. La fotografia che si avvicina alla verità è superiore sia alla verità che alla fotografia!

7 (o settantasette volte sette+1) Il linguaggio fotografico dei diritti umani è una maniera di percepire il mondo e portarlo nella vita quotidiana. Non c’è libertà né giustizia a pieno titolo dove anche a un solo uomo è sottratta la libera creazione della propria personalità. Il riconoscimento della persona, della sua umanità, dignità sociale non può essere ingannevole, ma sovrano… Il diritto di avere diritti è un appello alla terra e a tutti gli uomini, le donne che continuano a lottare per la conquista di una dimensione dell’umano che si accorda con i diritti di bellezza, giustizia e libertà, apre il cammino della speranza del vivere bene, del vivere insieme in una civiltà del rispetto, di pace e di fraternità. Le rivoluzioni si fanno con le rivoluzioni, ma con la fotografia possiamo diventare donne e uomini migliori per la conquista di una società più giusta e più umana!

*Il “Manifesto per una fotografia di bellezza e giustizia” è stato redatto da Pino Bertelli, Maria Di Pietro e Felisia Toscano, pubblicato in Tracce – Rivista multimediale di critica radicale dal 1981. 
Piombino, 6 luglio 2019

Chiunque voglia aderire, partecipare e sostenere il Manifesto sottoscrivere il modulo a questo link

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