Un progetto fotografico può nascere da situazioni e occasioni molto differenti.
Ad esempio, da una piccola intuizione, dall’osservazione di un dettaglio, da una parola, ma anche essere la conseguenza di un percorso personale costruito sulla base di ricerche proprie, sviluppi teorici e/o di studio o ancora da spunti letterari o poetici. Altre motivazioni che spingono alla realizzazione di un lavoro fotografico sono il desiderio e la necessità. Entrambe, ma con presupposti diversi, sono un motore che spinge a ritenere che creare immagini sia importante come testimonianza e come atto utile e imprescindibile.
Esiste cioè il dovere di realizzarle.

Le modalità per affrontare un progetto sono poco classificabili ma si può asserire che la propria ricerca, a un certo punto, prenderà la forma di una sequenza e/o di una serie.
Un altro elemento che è inequivocabilmente presente è il modo di espressione ovvero ciò che più comunemente chiamiamo linguaggio.
Teoria, pratica e modo di espressione sono gli elementi cardini, le fondamenta della realizzazione del progetto e dai quali nascerà la sequenza che poi prenderà ulteriori forme nella restituzione del lavoro ossia in forma di libro, di mostra, di un sito, di un prodotto multimediale.
Quindi, sebbene si possano tracciare delle linee generali per individuare delle modalità per realizzarlo è indubbio che il lavoro necessario per ogni progetto è un percorso a sé. È il risultato di una serie di riflessioni proprie di chi lo svolge e per le quali ha spesso bisogno di confronto.
È evidente che lavorare a un progetto è un percorso affascinante ma lo è anche la singola immagine. Anch’essa infatti può nascere in modi anche sorprendentemente anacronistici rispetto a quelle che sono le caratteristiche del mezzo fotografico, ovvero lo stretto rapporto che intrattiene con la realtà, mostrandola e rappresentandola. Cosicché per semplicità possiamo parlare di una fotografia che nasce direttamente come risultato di una mediazione dell’incontro fra fotografo e realtà e una che viene pensata prima di essere realizzata.
In questo secondo caso, sempre in linea generale, la realizzazione, cioè lo scatto, è quasi un’operazione di chiusura di un processo e non di apertura come nell’altro caso.


Ciò non significa che ogni immagine che deriva da un processo di generazione non possa unirsi con altre immagini realizzate in forma diretta. Insomma si tratta di fotogrammi, di tasselli, di pezzi di un puzzle la cui immagine totale, all’inizio quantomeno, precisamente non è dato conoscere.

Non possiamo fare rivivere attraverso un “oggetto” bidimensionale come la fotografia la complessità della realtà delle cose.Non si potrà ricreare il fluire delle cose in maniera totalizzante, né tantomeno si riuscirà a trasferire completamente le percezioni, le emozioni e i pensieri di cui la nostra esperienza del reale e del progetto fotografico stesso sono portatori.
Nemmeno si riuscirà a essere totalmente esaustivi nella documentazione di ciò che è l’oggetto del proprio progetto, ma possiamo mostrare tutto ciò costruendo i modi di espressione più attinenti al messaggio e alle nostre qualità e attraverso questi raggiungere il massimo che la Fotografia può darci in termini di analisi e restituzione visiva.

Infine, ma non per ultimo, lavorare a un progetto significa principalmente arricchirsi, crescere insieme a lui, significa approfondire materie e questioni. Ma la cosa più importante è che lavorare a un progetto può portarci soprattutto a praticare e trovare un proprio linguaggio, cosa difficile ma non impossibile.
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Giorgio Barrera

Giorgio Barrera, lavora con la fotografia, il video e la scrittura. Focalizza la sua ricerca sull’analisi dei linguaggi visivi, la creazione di immaginari, sul rapporto realtà e soggettività. Il suo approccio è sempre stato diretto a creare un rapporto diretto con lo spettatore e a ritenere l’arte strumento utile per la comprensione del reale. È stato assistente di Joel Meyerowitz ed ha vinto, tra gli altri, i premi Baume & Mercier, Canon, FNAC, ha esposto al Palazzo delle Esposizioni a Roma, a Fotografia Europea, al Contact Festival, all’Art Institute di Chicago, collaborato con vari Istituti di Cultura Italiani, con il Mibact e altre varie istituzioni e gallerie. Ha pubblicato un saggio dal titolo La battaglia delle immagini che introduce una forma creativa di mediattivismo da realizzarsi con le immagini. È tra i fondatori del collettivo artistico Fotoromanzo Italiano. Attualmente sta realizzando un documentario sulla tempesta VAIA e una ricerca sull’uso dei colori nelle architetture di Edoardo Gellner in residenza a Dolomiti Contemporanee. Docente alla scuola BAUER di Milano è curatore dei seminari Anatomia e dinamica di un territorio in collaborazione con l’Università di Padova. Si interessa di agricoltura biodinamica e dei processi della natura.
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