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Controcorrente sul “Cante Jondo” e l’amore | Romano Pitaro

di PHocus Magazine

Controcorrente sul "Cante Jondo" e l'amore | Romano Pitaro

E’ tutto un complesso di cose che fa sì che io mi fermi qui” (Paolo Conte), i libricini (come questo) a volte sì, sono scontrosi o forse han voglia di schiaffeggiare il politically correct dell’editoria mainstream e il consunto  vincolo logico-sintattico su cui poggia il frastornato globo terracqueo.
Un complesso  viaggio, il denso e colto flusso di coscienza firmato dal grande fotografo Pino Bertelli, in  una moltitudine di pensieri, pensati in veritas e/o con vivida immaginazione leopardiana,  su 25 anni di “sconfinate avventure insieme”.
Complesse le 79 pagine (formato tascabile)  di “Paola Grillo. Sulla fotografia del cante Jondo“, ma gustose come un gelato al limone d’estate, per chi le accosta, una sera d’inverno, non con il tarlo del Biancoconiglio di Alice nel paese delle meraviglie (“E’ tardi, è tardi, ho fretta è tardi!“) e neppure con l’ansia ossessiva di anime perse nella bolgia dei social, ma con la saggezza del (fin troppo sottovalutato) cacciavite, che esige attenzione, perizia, equilibrio psico-fisico.
E’ sorprendente quanta roba può sopportare un siffatto libricino, la cui associazione  a delinquere (editore/autore/prefatore)  contro ogni piatto conformismo culturale,  si prefigge di lanciare (addirittura) “un ponte (che ha cambiato anche l’autore)  “verso Te” che leggi e  tra pensieri di altri (in vita o  nel mondo dei più) e immagini, film e libri, includendo “l’intramontabile infanzia”, ossia l’invisibile essenziale  che ci orienta nel bene e nel male.

Controcorrente sul "Cante Jondo" e l'amore | Romano Pitaro

Profondo e introspettivo ma nessuna resa al lamento, anzi animato dalla speranza che si rinviene nella metamorfosi di Fillide mitica figlia del re trace Filleo  in mandorlo dopo la morte,  lo scritto di Pino Bertelli ha l’abbrivio in una foto scattata da Paola Grillo (“due corpi nell’intimità misteriosa di un contatto fisico e dell’abbandono fidente all’altro da sé“) che supplica, con  Wystan H. Auden, “la verità, vi prego, sull’amore“. Su quello suo, s’intende.  E di tutti noi.
Per il critico letterario Aldo Maria Morace, il “plaquette” di Bertelli,  con cui l’editore Francesco Mazza (Cinesud)  inaugura una collana destinata a sgranarsi nella sua successione di otto titoli con la medesima struttura, “è una peregrinazione per i sentieri erratici dell’amore. Un originalissimo poema in prosa sull’amore, scandito in tre tempi che partono dalla metafora del melograno, simbolo di seduzione, fertilità e bellezza“. 
Ma se la sfida al “pensiero debole” dell’Occidente in panne è tra le cose possibili, la sfida, sulla spinta del dolore ancestrale del “cante Jondo” (il primitivo canto andaluso e il titolo di un poema di Federico García Lorca) per una parola ultima sull’amore (come chiede Paola Grillo a Bertelli), ne converrete, si fa ardua, “come attraversare il mare a piede asciutto“.

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