Paolo Ventura è un artista a tutto tondo. Fotografo, pittore, scenografo e costumista, ha esposto in gallerie e musei in tutto il mondo e il suo lavoro è presente nelle collezioni del Boston Museum of Fine Arts, della Maison Européenne de la photographie di Parigi e del Museo d’arte contemporanea di Trento e Rovereto (MART). In questo libro un po’ fiabesco, ci sono tanti spunti piacevoli a cominciare dalle figure descritte e delle rivelazioni che riguardano l’autore stesso. Dislessico, disgrafico, discolo, incapace di vedere i colori, con scarsi risultati a scuola, Ventura, dopo essersi allontanato dalla famiglia e dalla figura ingombrante del padre, s’inventa fotografo di moda di successo per poi stancarsi e ricominciare una nuova vita, artistica e familiare, a New York. Un’artista dalle mille vite ed esperienze che non si fa scrupolo di condividere i propri fallimenti, i propri difetti e sogni e la capacità di trarre insegnamento da qualunque esperienza. La figura del padre, famoso illustratore e noto art director, viene descritta con dovizia di particolari ma, anche in questo caso, Ventura riesce a trasmettere un insegnamento: “Mio padre ha creato la paura, il disagio, e ci ha dato gli strumenti per superarli. (..) Era il carnefice che ci rinchiudeva e quello che ci offriva le chiavi per evadere. (..) Insieme alla mano che disegna più o meno felicemente, a ognuno di noi figli ha trasmesso l’arte di raccontare.”
Il libro è interessante, avvincente, ironico e grazie all’ottima narrazione di Laura Leonelli, si legge in un batter d’occhio. Assolutamente da consigliare a chi ha interesse per l’umanità e per la fotografia. E a proposito di quest’ultima in un passo del libro Ventura afferma: “Fin da ragazzo avevo capito che la fotografia aveva il dono di imbrogliare nel modo più straordinario, rendendo credibili non solo le cose che erano avvenute, ma quelle che non erano mai esistite. La fotografia riportava in vita l’invisibile, i ricordi che restano nella memoria delle persone e nei luoghi dove è passata la storia. Perché si avverasse questa magia dovevo solo essere preciso, fedele, maniacale nella ricostruzione dei fatti. Io, che avevo un gemello, dovevo costruire un evento che fosse il doppio perfetto di quello che era accaduto nella realtà. Un doppio storico, geneticamente sovrapponibile all’originale. Un doppio vero e falso insieme, perché la fotografia è questo”.
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Massimo Mastrorillo
Ha lavorato a progetti a lungo termine concentrandosi sulle profonde conseguenze di conflitti e disastri naturali sulla società.
Ha ricevuto diversi premi, tra cui il World Press Photo, il Picture of the Year International (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il Best of Photojournalism (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il PDN Photo Annual, il Fnac Attenzione Talento Fotografico, l’International Photography Award, l’International Photographer of the Year al 5° Lucie Awards e il Sony World Photography Awards. E’ stato finalista all’Aftermath Grant 2011. Ha ricevuto la nomination per il Prix Pictet 2009 “Earth” e 2015 “Disorder”. Il suo progetto “Il Mare siamo Noi” è stato selezionato per il Vevey Images Grant 2015 e 2017.
E’ stato Leica Ambassador e Talent Manager dell’agenzia LUZ una delle più importanti agenzie fotografiche italiane.
Da anni è impegnato nella didattica con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie, la REA e la D.O.O.R. Akademy.
È uno dei membri e fondatori di D.O.O.R., una factory romana che si occupa di fotografia, talent scouting e publishing.
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