Progetto fotografico realizzato nel corso degli anni 2015-2016-2017.
Le città, agglomerati di edifici, case, monumenti, chiese, infrastrutture.
Le città, edificate dall’Uomo per proteggersi e per dimostrare il proprio ingegno.
Le città, erte a simbolo di autorità, di prestigio, di potere, di forza.
Le città, senza la vita, senza le persone, sono spente, sono tristi, sono grigie.
L’anima delle città sono i suoi abitanti, chi ci vive, chi ci lavora, chi le visita, chi le frequenta.
L’anima delle città sono i fiumi e i canali che le attraversano, la natura che continua il suo corso.
L’anima delle città è la vita che scorre nelle case, nelle strade, nelle piazze.
L’anima delle città è il colore della vita che scorre…
Questo progetto è nato da due rilevanti e distinte esperienze dell’Autore.
Le “Città Senza Tempo” con le sue rigorose riprese dei luoghi significativi della propria vita, attraverso apparecchi a foro stenopeico su pellicola in Bianco e Nero di grande formato.
Le “Tricromie”, una ricerca, altrettanto rigorosa, ma creativa e particolarmente orientata alla natura, per riuscire a rappresentare il movimento effettuando tre distinte esposizioni attraverso i filtri Rosso-Verde-Blu, che sovrapposte a registro, restituiscono i colori originali di ciò che è fermo e una vasta gamma di colori per tutto quello che si muove.
Questa successiva ricerca e sperimentazione dell’Autore si prefigge di rappresentare i luoghi, le città, con la fissità dei grigi, in contrasto con i colori di tutto ciò che si muove, che questi luoghi, queste città, anima e fa vivere.
In tutti questi progetti ha un ruolo fondamentale l’utilizzo di lunghi tempi di esposizione, propri a rappresentare momenti e percorsi, piuttosto che istanti.
Copyright © by Beppe Bolchi – Tutti i diritti riservati. © Obbligatoria la menzione del Fotografo Autore © Immagini protette ai sensi della Legge 633/41 Dpr nr. 19/79 e dlgs 154/97 © Trattato Internazionale di Berna 1971 e sue successive modifiche.
COMMENTO CRITICO DI MAURIZIO REBUZZINI
Questa fotografia celebra l’architettura nota e riconosciuta di città nelle quali la presenza umana è componente necessaria, oltre che sufficiente. Emozione e partecipazione.
Sulla fotografia, sull’esercizio della fotografia sono stati riversati fiumi di inchiostro. Eppure, ogni volta pare che ci sia ancora qualcosa di nuovo da dire, da scrivere. Dunque, da sola, questa osservazione basta per qualificare, quantificandolo, un fenomeno pressoché infinito: perché l’esercizio della fotografia è parte integrante del fenomeno, fondamentale!, dell’esercizio stesso della vita.
Prima di affrontare lo specifico delle fotografie che Beppe Bolchi ha realizzato, riflettendo sull’essenza della città, entro la quale si manifestano esistenze individuali, corre l’obbligo di precisare cosa sia la fotografia, in termini oggettivi. Per propria natura raffigurativa, nel senso che ha bisogno della materializzazione di un soggetto davanti allo strumento (indispensabile), la fotografia è per propria intenzione rappresentativa.
Scatto dopo scatto, elaborazione intellettiva dopo elaborazione intellettiva, la sfida è affascinante, e per questo irrinunciabile. Ogni volta che agisce, il fotografo consapevole, l’autore, deve dispiegare tutto il proprio lessico per comunicare con l’esterno, con gli altri. Cosa è il lessico?: quell’insieme dei formalismi estetici che permette alla visione soggettiva di raggiungere l’esterno. Il fotografo sceglie cosa includere nello spazio del proprio fotogramma, cosa lasciare fuori; da che prospettiva osservare e far vedere, e via discorrendo.
Non conta tanto cosa si fotografi, quanto perché e con che intenzioni. Ovvero a volte, come nel caso delle ricerche personali di Beppe Bolchi, che percorre la strada fotografica con impegno coerente e convincente, spesso, il soggetto è soltanto un pretesto raffigurativo per rappresentazioni di ampio respiro.
Le sue Città arcobaleno richiamano due ipotesi… almeno. Da una parte, sottolineano l’attraente combinazione tra il bianconero statico delle architetture di sfondo e il colore sfasato (questo sì) delle presenze umane che animano la vita; dall’altra, se intendiamo vederla anche così, richiamano esplicitamente quel fantastico e affascinante fenomeno ottico e meteorologico che produce uno spettro quasi continuo di luce nel cielo, quando la luminosità del Sole attraversa gocce d’acqua rimaste in sospensione dopo un temporale, o presso una cascata o una fontana.
Da cui e con cui, Beppe Bolchi applica una creatività individuale con passo deciso e convinto. Senza transizioni nette tra un colore e l’altro, evoca -più che raffigurare staticamente- una condizione complementare della Vita: quella della partecipazione collettiva e spontanea allo svolgersi della stessa Vita.
La riflessione che l’autore compie non si esaurisce nel suo solo cammino, ma prosegue e si amplia e rafforza in quello dell’osservatore, convocato a una partecipazione visiva attiva e non soltanto passiva. Ovvero, a una adesione in forma esplicita di complicità: insomma, Beppe Bolchi compie un’azione e mediazione fotografica consistente e considerevole, allungando nei tempi e modi il semplice istante dello scatto, del suo scatto e della relativa interpretazione dei singoli fotogrammi/frame.
Così facendo, Beppe Bolchi applica uno dei princìpi fondamentali della sintesi in fotografia: quello dell’istante che dura nel Tempo; quello della frazione di secondo (vogliamo quantificarla nel centoventicinquesimo enfatico e accademico?) che si allunga oltre se stesso, per diventare eterno.
Forte del proprio strumento di osservazione e comunicazione (l’apparecchio fotografico, qualsiasi sia stato, e la gestione dei fotogrammi/file, in qualunque modo sia stata coordinata e amministrata), Beppe Bolchi ha esplorato e indagato l’anima delle città-soggetto, ricche di storia e tradizione. La sua capacità di emozionarsi e farsi coinvolgere nella loro stessa vita diventa capacità degli osservatori… di emozionarsi e farsi coinvolgere a propria volta.
Nell’osservatore, ogni fotografia di Beppe Bolchi suscita percezioni e impressioni proprie. Forte anche di ripetizioni e sottolineature, la somma delle singole riflessioni produce quel confortevole salto in avanti nel processo della conoscenza, che fa nascere il concetto: che non riflette più l’aspetto singolo e i nessi esterni dei soggetti, della città, ma coglie l’essenza della realtà, il suo insieme e il suo nesso interno. La differenza non è soltanto quantitativa, ma anche qualitativa.
Quando si dice comunemente “Lasciatemi riflettere”, ci si riferisce al momento in cui ciascuno di noi collega le proprie impressioni, servendosi dei concetti, per formare giudizi e trarre deduzioni.
E davanti alle Città Arcobaleno di Beppe Bolchi, la riflessione è più che necessaria, obbligatoria addirittura. Oltre che confortevolmente benefica.
Biografia autore
Beppe Bolchi, nato a Magenta nel 1944, ha cominciato a fotografare da ragazzino con una classica Bencini. Si è sempre dedicato alla fotografia per catturare e conservare le cose belle della vita.
Sue fotografie sono state esposte al Museum of Fine Arts di Boston, a Milano e in diverse località Italiane, a Villajoyosa in Spagna, a Glasgow in Scozia con il suo “Tributo alla Città dell’Architettura e del Design per il 1999”, ad Arles durante diversi Rencontres, a Parigi in occasione di manifestazioni di settore.
Sue fotografie hanno fatto parte delle prestigiose Collezioni Polaroid e vengono acquisite da autorevoli collezionisti in Europa, inoltre, molte delle sue immagini sono state regolarmente pubblicate su numerose riviste.
Ha collaborato con le più importanti Scuole di Fotografia in Italia, dove presenta le tecniche con le quali realizza i suoi lavori, senza nessuna gelosia, anzi fornendo tutti i dettagli possibili perché anche altri possano cimentarvisi con soddisfazione.
E’ stato invitato dall’Università “Rangsit” di Bangkok per presentare le sue esperienze nell’ambito delle Tecniche Creative Polaroid e sull’utilizzo del Foro Stenopeico. E’ docente del Dipartimento Attività Didattiche della FIAF.
Ha partecipato a numerosi incontri presso diverse Facoltà Universitarie per divulgare le tecniche fotografiche in ambito Tecnico/Scientifico, per la documentazione del Controllo Qualità, per la Micro e Macrofotografia e per diverse applicazioni nel settore scientifico e medicale.
Dal 2002 si è dedicato con passione e con successo alla organizzazione di Mostre ed Eventi fotografici, fra cui la mostra su Ansel Adams dalle Collezioni Polaroid tenutasi al Castello Sforzesco di Milano e quella su Giovanni Gastel al Museo del Tessile di Busto Arsizio, oltre a numerose altre in collaborazione con Enti Pubblici e Istituzioni Private per la realizzazione di specifici progetti.
La sua esperienza e la particolare predilezione per la Fotografia d’Autore, di cui segue da anni l’evoluzione visitando le più importanti manifestazioni mondiali del settore, lo ha portato ad essere invitato, in occasione degli eventi fotografici più importanti, quale autorevole Lettore di Portfolio, fornendo sempre un valido supporto e preziosi consigli a tutti i fotografi desiderosi di avere un feedback sulla loro produzione e sui loro progetti.
Attualmente si dedica, con la solita passione e dedizione, alla catalogazione dei suoi archivi e alla valorizzazione dei suoi progetti, non trascurando, come sempre, ulteriori ricerche tecniche ed espressive.
English version
Beppe Bolchi, born in Magenta in 1944, began photographing as a boy with a classic Bencini. He has always devoted himself to photography to capture and preserve the good things in life.
His photographs have been exhibited at the Museum of Fine Arts in Boston, in Milan and in various Italian locations, in Villajoyosa in Spain, in Glasgow in Scotland with his “Tribute to the City of Architecture and Design for 1999”, in Arles during several Rencontres, in Paris on the occasion of sector events.
Photographs of his have been part of the prestigious Polaroid Collections and are acquired by authoritative collectors in Europe, moreover, many of his images have been regularly published in numerous magazines.
He has collaborated with the most important Photography Schools in Italy, where he demonstrates the techniques with which he realises his works without any jealousy, on the contrary providing any possible details so that others can try those with satisfaction.
He was invited to present his experiences in the field of Creative Polaroid Techniques and on the use of the Pinhole Camera by the “Rangsit” University of Bangkok. He is a lecturer within the FIAF Educational Activities Department.
He participated numerous meetings at various University Faculties to disseminate photographic techniques regarding the Technical / Scientific field, as well as for the documentation of Quality Control, for interventions on Micro and Macro photography as for various applications in the scientific and medical sectors.
Since 2002 he has passionately and successfully dedicated himself to the organisation of exhibitions and photographic events, including the exhibition of Ansel Adams held at the Castello Sforzesco in Milan, borrowed from the Polaroid Collections and the one of Giovanni Gastel at the Textile Museum in Busto Arsizio, as well as numerous others in collaboration with Public Bodies and Private Institutions for the realisation of specific projects.
His experience and particular predilection for Author Photography, the evolution of which he has been following for years by visiting the most important world events in the sector, has led him to be invited, as an authoritative reader of Portfolio on the occasion of the most important photographic events, always providing valuable support and precious advice to all photographers eager to have feedback on their production as well as their projects.
Currently he dedicates himself, with his usual pas- sion and devotion, to the cataloguing of his archives and to the enhancement of his projects, as always without neglecting further technical and expressive research.
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