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Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’

di Rino Giardiello

Uno degli incipit più famosi della storia della musica è quello de “L’anno che verrà”, la canzone finale del quarto album di Lucio Dalla pubblicato nel 1979.

Una canzone costruita come la lettera ad un amico, una lettera vera scritta con carta e penna (“e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò”), non una e-mail o un interminabile e noiosissimo messaggio vocale.

Ho scattato questa foto pochi giorni fa e la cassetta postale è lungo il “corso bello” della mia città in pieno centro, quello che una volta era dedicato allo “struscio”. E’ incredibile lo stato di degrado della cassetta postale, una volta un elemento di arredo urbano caratteristico e molto diffuso in tutto il mondo. Forse è a causa dei soliti vandali, ma credo che in parte la causa sia anche per l’uso sempre minore che se ne fa. Io stesso non ricordo l’ultima volta che ho imbucato una lettera.

Erano i bei tempi in cui ancora si scrivevano lettere e passava molto tempo, spesso settimane, tra una lettera e l’altra, quindi si cercava di raccontare tutto, dalla propria vita a quello che ci stava accadendo intorno. La vita non scorreva tanto più lenta di oggi, ma erano più lente le comunicazioni e, almeno nell’ambito delle comunicazioni personali, ricordo con più emozione le lettere della mia fidanzata lontana che mi arrivavano ogni 15 giorni – lettere che leggevo e rileggevo più volte prima di prendere a mia volta carta e penna per risponderle – che gli innumerevoli sms privi di sentimenti che mi manderebbe adesso (“Sto facendo colazione con la mia amica Anna, un croissant eccezionale!” e, poco dopo, “Il croissant o il cappuccino devono avermi fatto male, mi sento disturbata…”) e, dopo un po’, inizio a trovare fastidiosi. 

Mia madre conserva ancora, legate con un nastro rosso, le lettere che mio padre le scriveva durante il periodo del fidanzamento, separati e allontanati per varie vicissitudini familiari dovute alla guerra come accadde a tante altre persone. E’ bello e tenero leggerle anche per noi figli, spesso accompagnate da minuscole foto sfocate ed in bianconero: che fine avrebbero fatto i loro sms o le loro e-mail se fossero vissuti oggi?

Visto il particolare periodo, il 1979, la canzone di Lucio Dalla si riferiva al Terrorismo, ma molte frasi si adattano perfettamente anche alla situazione attuale imposta dalla pandemia: “Si esce poco la sera compreso quando è festa”, ma segue la speranza di un futuro migliore (tutto finirà, tutto tornerà normale e festeggeremo più che potremo e come non abbiamo mai fatto, cosa che sta già avvenendo): “Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno (…) e senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età”. Lucio Dalla era stato realista: aveva aggiunto “forse” prima de “i troppo furbi e i cretini di ogni età” perché, purtroppo, “furbi e cretini di ogni età” continuano a dominare il mondo.

“Ho fatto una canzone tutto fuori che pessimista” – dichiarò Lucio Dalla – “non ci sono miracoli, l’unico che possiamo fare è quello su di noi, essere sempre funzionanti, non vedere sempre il nero, il terribile”.

E la cassetta della posta?

Un oggetto consueto nel paesaggio urbano di qualsiasi città al mondo. Quante volte abbiamo affidato a lei le nostre lettere per gli amici, quelle d’amore, cartoline dalle vacanze e richieste varie?

Il gesto di imbucare una lettera o una cartolina era un’abitudine per molti, magari anche per acquistare alcuni prodotti scelti sui cataloghi, ovviamente cartacei, di molte aziende. Quando tornavo da scuola, la prima cosa che facevo era di aprire la cassetta delle lettere per vedere se era arrivata una lettera o una cartolina.

In Italia alcune aziende vendevano già per corrispondenza, non così tante come in America dove gli acquisti per corrispondenza erano una necessità dovuta alle enormi distanze, ma in Italia c’era sempre un negozio dalle parti di casa nostra ed andarci di persona era un piacere: si poteva parlare con il negoziante, chiedergli consigli, provare la merce, scambiare opinioni con altri clienti presenti nel negozio, spesso innescando accanite discussioni.

Francesco Mazza si fa in due pur di accontentare tutti.

Ora abbiamo internet ed è facile ordinare qualsiasi cosa dai grandi negozi on-line come da quelli più piccoli. Raramente, però, si ha la fortuna di poter parlare con il titolare del negozio e riuscire a ricevere assistenza e consigli. Un comportamento di questo tipo l’ho visto da CineSud: Francesco Mazza è un uomo di vecchio stampo ed un uomo del Sud. Non l’ho mai visto fare di tutto per vendere qualcosa ad un cliente, ma l’ho visto fare il contrario, cercare di fargli capire che l’acquisto era – per lui – sbagliato. Un atteggiamento che con il tempo lo ha ripagato perché i clienti di tanti anni fa sono diventati amici e può permettersi di scrivere sotto l’insegna “dal 1976 solo clienti felici”. Non è da tutti.

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