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But Still it Turns – Paul Graham

di PHocus Magazine

Da qualche parte le particelle che ci appartengono
credono in noi. Se solo potessimo trovarle.

 

Paul Graham

Paul Graham, artista e fotografo britannico, ha curato un libro pubblicato da Mack e una mostra all’International Centre of Photography di New York dal titolo But Still it Turns, riprendendo le famose parole di Galileo pronunciate prima di essere costretto a ritirare le sue teorie: “Eppur si muove”. Raccoglie il lavoro di 9 artisti contemporanei che ritraggono il “mondo così com’è”, un manifesto rivitalizzante per la fotografia documentaria e un nuovo modo di concepire la narrazione fotografica.

Le costellazioni di immagini raccolte e la prospettiva che qualcuno possa apprezzarle, dà speranza agli artisti che lottano per visualizzare il mondo, per vedere attraverso la nebbia del presente, come afferma lo stesso Graham nel suo saggio introduttivo.

©Vanessa Winship. She Dances On Jackson

In But Still It Turns, troviamo: Gregory Halpern e la sua California sognante di  ZZYZXVanessa Winship con il suo progetto She Dances on Jackson; i ritratti intimistici di Curran Hatleberg in Lost CoastStanley Wolukau-Wanambwa e il suo complesso e profondo lavoro One Wall a Web; l’ America raccontata da Richard Choi in What RemainsRaMell Ross con South County; il progetto collettivo Index G di Emanuele Brutti & Piergiorgio Casotti; infine, l’esplorazione  dei paesaggi americani e la mascolinità raccontati da Kristine Potter in Manifest.

Il libro è arricchito dai saggi di Paul Graham, Rebecca Bengal, Ramell Ross e Ian Penman che rendono l’opera uno strumento di ricerca e una mappa a tutti gli effetti nell’analizzare i modi non convenzionali di rappresentare il mondo.

Kristine Potter, Dean, 2014. © Kristine Potter

Gregory Halpern, ZZYZX, 2016. © Gregory Halpern

Dunque, nel raccontare il mondo così com’è le immagini non presentano artifici, nessuna fotografia in studio o massicce produzioni con attori e luci hollywoodiane, niente Photoshop. Questo perché musei e gallerie, Biennali e festival ricercano ormai sempre più immagini costruite, concettualizzate e artificiose. But Still it Turns, vuole uscire da questa idea di sensazionalismo fotografico e “facilità di visione”, esplorando piuttosto la genuinità, l’ambiguità, lasciando spazio alle domande senza ricercare risposte definitive. Sono immagini che cercano di vedere davvero e di affermare che si può navigare nella vita, rivelando le trame sottili che ci uniscono all’esistenza. Come scrive Paul Graham si tratta di riaffermare la potenza e il cuore del mezzo fotografico: la sua capacità di ballare con la vita.

Curran Hatleberg, Lost Coast (8), 2014. © Curran Hatleberg

©Stanley Wolaku Wanambwa. All my gone life

Quest’opera, nella quale coesistono passato, presente e futuro vuole essere un dono per i posteri, per altri artisti, come a sottolineare che esiste un nuovo territorio creativo da esplorare. Anche se i lavori sono tutti indipendenti fra loro, ognuno con le proprie idee, posizioni, strategie e la propria pratica artistica, quando visti insieme suggeriscono nuovi modi in cui la fotografia può entrare in contatto con la vita.

Il compito dell’arte non è necessariamente di intrattenere, afferma Graham. Se lo fa allora è senz’altro meraviglioso, ma quando si guarda un film di Tarkovskij, ad esempio, non si cerca il “divertimento” o la distrazione. Si guarda perché dice cose profonde sulle forze che modellano chi siamo, sull’essere vivi e le difficoltà e le domande che ciò comporta. But Still it Turns si avvicina di più a questo sentire, è silenzioso e sottile. Ha priorità diverse dal solo intrattenere. È soprattutto il riconoscere e accettare che la vita non è una storia con un finale netto: nel suo scorrere si deforma, si ramifica, disorienta e talvolta appare e scompare dalla nostra consapevolezza. Quel che ne risulta, nelle parole di Graham, è “Tutta l’infinita consanguineità del mondo”

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