Il libro di Antonio Xoubanova “Graffiti”, richiama il movimento artistico urbano originato negli anni ’70 a New York. L’atto di “marcare il territorio”, di ripetere il proprio nome o simbolo o arte per le strade delle città attira l’attenzione di Xoubanova e lo spinge a trovare una relazione con le strategie dei social media o dei messaggi pubblicitari che parallelamente spingono anch’essi sull’affermazione del sé, sulla proclamazione sempre più evidente di un’identità reale o fittizia che sia.
L’analisi dell’autore, finisce con il mettere in discussione l’idea stessa che molti hanno dei graffiti. In definitiva questo fenomeno non si può contestualizzare né storicamente, né geograficamente.
Non sono forse le colonne dell’antica Roma una celebrazione delle imprese dell’impero e un esempio arcaico, per quanto artisticamente evoluto, di graffito? Non sono spesso i colori un chiaro elemento di identificazione? Ad esempio le diverse combinazioni di colori in una bandiera identificano una nazione e dietro l’identità di una nazione ci sono tanti elementi da prendere in considerazione, perché non si parla più un individuo, ma di una vasta collettività, con chiari connotati culturali e sociali.
Non è forse la comunicazione pubblicitaria ad utilizzare la forza del segno e del colore per convincere le masse a comprare beni di cui spesso si potrebbe fare a meno? E che dire delle auto e del loro colore? Non si nasconde chiaramente un messaggio dietro la scelta di un modello e di un colore? Pensate a quelle automobili costosissime di colore opaco, spesso copiato da personaggi del jet set o del mondo del calcio o dello spettacolo, che sembrano essere più dei simboli fallici da trasporto che degli autoveicoli.
E il colore della pelle non è forse un chiaro segno di identità e di appartenenza?
Tutto questo fluire, imposto o spontaneo, di segni e colori, diventa spunto per creare combinazioni infinite di messaggi identitari e per ampliare o meglio mettere in discussione le opinioni o le certezze di molte persone.
Xoubanova ha lavorato per circa quattro anni a questo progetto curandone ogni aspetto. La sequenza delle immagini, tutt’altro che casuale, illustra e organizza la molteplicità e la ridondanza di una sempre più vitale affermazione di sé (sia individuale che collettiva) che prende corpo anche nel design del libro, curato dallo stesso autore e da David Mozzetta, eccellente giovane graphic designer. Ogni regola viene infranta. Nessuna copertina, apparentemente nessuna rilegatura, impaginazione che sembra essere non strutturata per fare eco agli usi dei Graffiti e far diventare il libro un oggetto quasi barocco, quasi un graffito tascabile.
Xoubanova è un artista a tutto tondo. Fotografo eccellente, designer di talento (molti dei libri da lui disegnati hanno riscontrato un successo di pubblico e critica), curatore versatile (ha curato la mostra di Ricardo Cases ”Estudio elemental del Levante” presso la Sala Canal de Isabel II di Madrid e sempre nella stessa sala curerà la mostra di Aleix Plademunt nel 2022). Insieme a Ricardo Cases, Aleix Plademunt e Oscar Monzon è uno degli esponenti più autorevoli della fotografia spagnola che negli ultimi anni ha dato alla luce progetti unici, riconoscibili per profondità, originalità e creatività. I suoi lavori sono estremamente complessi, sempre in equilibrio tra un’estetica mai spinta all’eccesso e contenuti intrisi di filosofia, psicologia, religione e arte. Il minimo comune denominatore è sicuramente la tendenza a superare i limiti del racconto, della visione e della lettura. Il parco di Casa de Campo di Madrid diventa luogo fiabesco nel suo libro omonimo o dieci metri lineari di una via commerciale di Madrid diventano spunto per raccontare l’universo, un “Universo Pequeño” (Piccolo Universo), in una sfida spazio-temporale apparentemente impossibile da vincere e ben rappresentata dall’ossimoro del titolo del libro. Non di meno Graffiti ci proietta in una dimensione dove segni e colori entrano in un vortice infinito di combinazioni dal quale, una volta entrati, è difficile uscire.
Graffiti è un piccolo gioiello, un libro “oggetto” da avere, osservare, cercare di capire e apprezzare, per diventare persone più attente alla realtà che ci circonda e per guardare il mondo da un’ottica di diversa.
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Massimo Mastrorillo
Ha lavorato a progetti a lungo termine concentrandosi sulle profonde conseguenze di conflitti e disastri naturali sulla società.
Ha ricevuto diversi premi, tra cui il World Press Photo, il Picture of the Year International (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il Best of Photojournalism (Magazine Photographer of the Year, terzo premio), il PDN Photo Annual, il Fnac Attenzione Talento Fotografico, l’International Photography Award, l’International Photographer of the Year al 5° Lucie Awards e il Sony World Photography Awards. E’ stato finalista all’Aftermath Grant 2011. Ha ricevuto la nomination per il Prix Pictet 2009 “Earth” e 2015 “Disorder”. Il suo progetto “Il Mare siamo Noi” è stato selezionato per il Vevey Images Grant 2015 e 2017.
E’ stato Leica Ambassador e Talent Manager dell’agenzia LUZ una delle più importanti agenzie fotografiche italiane.
Da anni è impegnato nella didattica con esperienza pluriennale presso la Scuola Romana di Fotografia, la Leica Akademie, la REA e la D.O.O.R. Akademy.
È uno dei membri e fondatori di D.O.O.R., una factory romana che si occupa di fotografia, talent scouting e publishing.
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