“Quando dico che voglio fotografare qualcuno, significa, in realtà, che vorrei conoscere qualcuno, consultarne la personalità. Per realizzare il miglior scatto possibile devo calarmi nel contesto, nella situazione. La fotografia perfetta immortala ciò che ti circonda, un mondo di cui divieni parte”.
Annie Leibovitz nasce in Connecticut (USA) nel 1949. Di origine ebree, è figlia di un ufficiale di Marina e di una ballerina. Grazie al lavoro del padre, comincia a girare il mondo fin da giovanissima, vivendo come “tappe di vita” le basi militari e guardando il mondo attraverso i finestrini dell’auto con cui si spostavano frequentemente, in un qualche modo inizia a tracciare dei confini al suo sguardo, un vetro tra lei e il mondo e solo alcune arti sono da ricordare.
Le prime foto che scatta sono realizzate nella base militare delle Filippine, durante il periodo della guerra del Vietnam, e rappresentano persone al lavoro e i luoghi da lei visitati.
La madre, ballerina professionista, le trasmette l’interesse per l’arte e la curiosità, lei stessa era solita fotografare momenti intimi di famiglia ed è stata la prima fonte d’ispirazione per Annie.
Crescendo e rientrando negli Stati Uniti la giovane Leibovitz rifiuterà il mondo in cui è cresciuta, quello dell’esercito, per dedicarsi al suo opposto: l’arte, al punto da intraprendere un corso di pittura, per poi proseguire gli studi universitari presso l’Istituto d’Arte di San Francisco. La fotografia sarà solo un diletto per molto tempo ma la porterà a conoscere i celebri fotografi ROBERT FRANK ed HENRI CARTIER BRESSON, grazie anche a loro si appassiona sempre di più fino a decidere di provare a farla diventare la sua unica strada.
Inizia da riviste minori e fin da subito si specializza nei soggetti umani, ritratti per lo più, e inizia a ritagliarsi una buona fetta di popolarità. Nel 1969 si reca nel kibbutz israeliano Amir, per documentare la vita dei volontari, creando così il portfolio che le permetterà di tentare di fare un grande salto in avanti nelle committenze editoriali.
A partire dal 1970 e fino al 1983 intraprende una collaborazione con la rivista Rolling Stone quasi per caso, quando sulle scrivanie della redazione giunge una sua intensa foto scattata a San Francisco, durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam, quella che sarebbe diventata da subito copertina del giornale.
La rivista fu per lei un autentico il trampolino di lancio che la condusse a divenire la fotografa ufficiale al seguito della mitica band, The Rolling Stones, e li seguirà per tutta la durata della loro tournée nel 1975.
Ogni grande autore ha nel suo fotografico alcune immagini che restano memorabili, magari non solo per questioni prettamente estetiche, ma anche per una casualità storica, Annie Leibovitz, ad esempio, resterà per sempre legata alla celebre fotografia di John Lennon e Yoko Ono.
Quel giorno avrebbe dovuto fotografare solo l’ex-leader dei Beatles ma una volta iniziato il set fu proprio John ad insistere per avere accanto a sé la propria moglie. Tra uno scherzo e una sbuffata di Yoko, che non voleva svestirsi, nacque la famosa icona. Ispirata forse dalla copertina di Double Fantasy, dove Yoko Ono e John Lennon appaiono insieme, la fotografa pensa di ritrarre i soggetti nudi. Yoko è riluttante, così si decide di lasciarla vestita. Nello scatto lei indossa jeans e maglietta nera a maniche lunghe, i capelli sono sciolti e sparsi su un tappeto color crema, il volto girato verso Lennon, nudo e rannicchiato in posizione fetale mentre con gli occhi chiusi le bacia la guancia cingendola in un abbraccio. Rolling Stone pubblica la fotografia di Leibovitz sulla copertina del 22 gennaio 1981. Ancora oggi è una delle più grandi immagini di amore e perdita della storia, nella sua semplicità e intimità. Raccontò di quel giorno la Leibovitz che Lennon, dopo aver visto la Polaroid, disse: “Questo è tutto. Questa è la nostra relazione”. Poche ore dopo John Lennon venne assassinato proprio sotto casa.
Nel 1983 Annie Leibovitz lascia il Rolling Stone e inizia a collaborare con Vogue e Vanity Fair, contribuendo a realizzare i ritratti delle celebrità ancor oggi ritenuti i più significativi della fotografia contemporanea.
Nel 1988 conosce Susan Sontag, scrittrice e critica d’arte statunitense, che diventerà sua compagna di vita, in un rapporto intenso, tumultuoso, ma discreto.
“E’ stata la più lunga relazione della sua vita. E penso che rispetto alle altre sia stata la più felice, anche se non la più facile”.
Il loro rapporto durerà oltre 15 anni, fino al 2004, anno della morte di Susan. Grazie all’inseminazione artificiale, Annie avrà anche tre figlie.
Nel 1990 ha fondato lo Studio Annie Leibovitz a New York, nel 1991 è diventata la prima donna ad esporre i suoi lavori alla National Portrait Gallery di Washington DC.
Oltre al lavoro con i personaggi, si è occupata di fotografia documentaria e paesaggistica, assunta dalla casa editrice Condé Nast Publications dal 1993, come dimostrano la serie che ha realizzato a Sarajevo nel 1990, la campagna per l’elezione a senatore di Hillary Clinton o quando ha immortalato il gabinetto di George W. Bush, poco dopo l’11 settembre.
Nel 2000 ha ricevuto il titolo di “Leggenda vivente” della Library of Congress. Tra le pubblicazioni successive, vale la pena citare “American Music” (2003), “Annie Leibovitz at Work” (2008) e “Annie Leibovtz: Portraits 2005-2016” (2017).
Altri articoli di questa rubrica
La RAGAZZA AFGHANA è in ITALIA – Una storia che forse non tutti conoscono
Ian Howorth e l’esplorazione visiva dell’identità e dell’appartenenza.
Cornici private
PATRIZIA SAVARESE – Dal Rock alle Metamorfosi Vegetali
la triste storia della fotografia n.51 – ROSALIND FRANKLIN
HIROSHI SUGIMOTO – Tradurre il tempo in immagini
Paolo Ranzani: Il viaggio del Ritratto Fotografico (Breve storia e istruzioni per l’uso)
OLIVIERO TOSCANI : LA CACCA E’ L’UNICA COSA CHE SI FA SENZA COPIARE GLI ALTRI.
Adolfo Porry-Pastorel. Fotogiornalismo e piccioni viaggiatori
Fotografo ritrattista. Venti anni di esperienza nella fotografia di “people” spaziando dal ritratto per celebrity, beauty, adv e mantenendo sempre uno sguardo al reportage sociale.
Ha coordinato il dipartimento di fotografia dell’Istituto Europeo di Design ed è docente di Educazione al linguaggio fotografico presso la Raffles School, Università di design di Milano.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per FIAT, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”.
Ha curato l’immagine per vari personaggi dello spettacolo, Arturo Brachetti, Luciana Littizzetto, Fernanda Lessa, Antonella Elia, Neja, Eiffel65, Marco Berry, Levante …
Negli ultimi anni ha spostato la sua creatività anche alle riprese video, sia come regista che come direttore della fotografia, uno dei suoi lavori più premiati è il videoclip “Alfonso” della cantautrice Levante (oltre otto milioni di visualizzazioni).
Ha diretto il dipartimento di fotografia dello IED di Torino ed è docente di “Educazione al linguaggio fotografico” presso la RM Moda e design di Milano.
Paolo Ranzani è referente artistico 4k in merito al progetto “TORINO MOSAICO” del collettivo “DeadPhotoWorking”, progetto scelto per inaugurare “Luci d’Artista” a Torino.
E’ stato nominato da Giovanni Gastel presidente AFIP Torino.
Nel 2019 il lavoro fotografico sul teatro in carcere è stato ospite di Matera Capitale della Cultura.
Pubblicati e mostre:
“Ecce Femina” (2000),
“99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 you/Universiadi 2007” ,
Premio 2005 per il ciack award fotografo di scena
Premio 2007 fotografia creativa TAU VISUAL
Premio 2009 come miglior fotografo creativo editoriale
Ideatore e organizzatore del concorso fotografico internazionale OPEN PICS per il Salone del Libro di Torino – 2004
Dal 2017 scrive “Ap/Punti di vista” una rubrica bimestrale di fotografia sul magazine Torinerò.
No comment yet, add your voice below!