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Album Auschwitz sulla fotografia criminale nazista (ultima parte )

di PHocus Magazine

Ma le persecuzioni più gravi erano dovute ai loro stessi compagni di razza, sia che fossero loro superiori nel lavoro, sia che fossero gli anziani di baracca (…) In quel periodo, parecchi ebrei mossi dalla disperazione per questo stato di cose, per trovar pace ai tormenti, si gettarono contro i fili elettrici del recinto, intrapresero tentativi di fuga per farsi sparare addosso, si impiccarono”. La prosa da lupanare di Höß implica la sua debolezza mentale, il dispregio per gli ebrei alimenta la trivialità dell’uomo e con- ferma che la stupidità costituisce la trama di tutto ciò che ha respirato.

Il memoriale di Höß ci porta all’interno della mentalità e della psicologia dei nazisti… non c’è ombra di rimpianto né di redenzione, anzi c’è la conferma dell’assassinio industriale esercitato nella fabbrica di morte di Auschwitz. Höß parla con la freddezza del burocrate di produttività, trasporti, contabilità, aspetti urbanistici, processi sommari… la grossolanità di Höß suscita ri- brezzo, riprovazione, disgusto… poiché le sue parole esprimono l’esatta dimensione della propria imperitura malvagità. Nella prefazione al libro di Höß, Primo levi scrive: “Questa autobiografia descrive con precisione un itinerario umano. Rudolf Höß sarebbe diventato un grigio funzionario qualunque, ligio alla disciplina ed amante dell’ordine, invece si è trasformato in uno dei maggiori criminali della storia umana”. Dietro il senso del dovere si profila sempre un assassino o un idiota reclutati dal fanatismo ideologico o religioso che s’adoperano per configurare l’idea di una nazione, di una classe o di razza nell’entusiasmo della mattazione. L’11 marzo 1946 la polizia inglese arresta Höß in una fattoria agricola di Flensburg, si nascondeva sotto il falso nome di Rudolf Lang… viene interrogato a Norimberga e poi trasferito in Polonia… e non ci dispiace affatto che il 16 aprile 1947, la Corte Suprema di Varsavia l’abbia con- dannato all’impiccagione davanti all’ingresso del crematorio di Auschwitz. Un bastardo di meno.

L’Album Auschwitz è una testimonianza importante per comprendere i flagelli di distruzione dell’immoralità nazista… i fotografi raffiguravano i “tratti somatici giudaici” nei deportati a significare che il cammino verso i forni crematori è una via crucis necessaria per salvaguardare la razza pura germanica (?!)… di fronte a queste immagini si ha la sensazione d’essere davanti a un popolo, quello germanico, appunto, che cerca di dare un nome alla propria inclemenza. Milioni di persone che non hanno avuto orrore del proprio lerciume e si sono fatti impavidi sostenitori ed estimatori dell’infermo nazista. Essere fedeli all’eccidio è un modo di cominciare tutti gli insegnamenti appresi nei formulari dell’abiezione.

Le fotografie che riguardano gli ultimi momenti delle persone prima delle camere a gas… sono struggenti quanto codarde… le sequenze sulla confisca dei beni degli ebrei (la zona era chiamata dai detenuti Kanada, perché simboleggiava il Canada come “paese della ricchezza), figurano una quantità incalcolabile di vestiti, scarpe, oggetti personali… sparsi a ridosso dei forni crematori… una sorta di discarica da saccheggiare che segna anche la portata di scempio della malvagità nazista. Donne, uomini, militari tedeschi… s’aggirano tra ciò che è restato delle vittime e ne raccattano o sottraggono anche le più intime memorie… in queste immagini sopravvive la volizione dei dominatori di cancellare l’agonia ebraica… ma nel contempo fuoriescono anche le mostruosità che gli araldi del nazismo hanno commesso e che nessun uomo o tribunale non può assolvere né mitigare il giudizio, se non sputare sulle loro tombe fino alla fine dei tempi.

Siccome gli spogliatoi dei crematori IV e V erano insufficienti per le frotte di ebrei che arrivavano al campo, i deportati dovevano aspettare il loro turno nella tranquillità dei boschi… la serie fotografica di famiglie, bambini, vecchi, disabili, racconta l’attesa, la tranquillità, l’apprensione di migliaia di persone che saranno avviate alle camere a gas ignare della loro sorte… “qualcuno ha detto che non ci sarà mai più nessuno tanto innocente quanto le vittime sulla soglia delle ca- mere a gas”. C’è una fotografia che ha un eccezionale valore storico e umano. Un’anziana donna si rifiuta di entrare nel crematorio, tre uomini la sorreggono, forse per compassione o per paura che le SS (si vedono sullo sfondo) possano ucciderla all’istante… la stanza dei forni comunque è il loro destino di vittime incredule di tanta dissolutezza… il bosco-purgatorio rac- conta lacerti di vite dispregiate nel vestibolo dello spavento e poi gassate dall’impersonalità nazista… l’ossario dei sogni però non dimentica né assolve la lugubre ferocia che un popolo ha commesso contro un altro popolo.

In una fotografia rubata, fatta dall’interno di una baracca, si vede i prigionieri del Sonderkommando bruciare i corpi nudi degli ebrei uccisi in una delle fosse di cremazione a cielo aperto, ubicate a fianco del crematorio V… l’immagine è riquadrata di traverso dal nero della porta… fuori si alzano fumi bianchi in un cielo bianco con dietro il bosco nero… mucchi di cadaveri sono in attesa d’essere cremati… gli uomini del Sonderkommando sono in mezzo a loro… svolgono lavori di pulizia etnica quotidiana… sembra di assistere a una macabra parata dove il cri- mine assume il vestiario di un tempo che non scorre più… altro che “l’inespressivo olocausto della storia”, come asseriva malamente Cioran… ogni finalità di compassione è annullata tramite la sparizione dei corpi e ciò che resta dell’immagine è il pericolo che niente può coprire quell’assassinio e che la quantità insopportabile di dolore che rappresenta si rovescerà in eterno sulle biografie dei persecutori.

Va detto. Nell’estate del 1944 la Germania stava capitolando sotto le bombe degli Alleati… le SS della Sezione politica del campo di Auschwitz, cercarono di bruciare documenti, registri, incartamenti che testimoniavano lo sterminio… il 7 ottobre i prigionieri del Sonderkommando accesero una rivolta disperata, quanto eroica, e misero fuori uso il crematorio IV… dopo due giorni la maggior parte degli insorti venne trucidata dai nazisti… le SS allestirono una squadra di lavoro (Abbruchkommando) composta in grande maggioranza da donne e smantellarono i crematori II e III… il 27 gennaio 1945 l’esercito russo raggiunse il campo… vi trovarono 840000 capi di abbigliamento femminile, 43525 paia di scarpe, migliaia di occhiali, giocattoli, oltre a 400 protesi e 7 tonnellate di capelli rasati alle donne dopo la loro uccisione, dicono le carte processuali. Per la storia ebraica l’Album Auschwitz costituisce un atto d’accusa e la prova inconfutabile dello sterminio di quasi mezzo milione di ebrei ungheresi. Secondo gli storici, nei cinque anni di funzionamento del campo di Auschwitz, furono inoltre uccisi oltre 70000 polacchi, 20.000 zingari, 15000 prigionieri di guerra sovietici e oltre 10.000 internati di altre nazionalità (bielorussi, cechi, iugoslavi, francesi, tedeschi, austriaci). Per molta parte dell’umanità, Auschwitz rappresenta lo specchio-simbolo del genocidio perpetrato dal Terzo Reich, e in particolare della Shoah.

In nome del Bene e del Male, in nome del Paradiso e dell’Inferno, in nome dell’Ordine e del Disordine… la eco di secoli dispotici non è riuscita a soffocare la voce del popolo ebraico umiliato… né a seppellire i figli di David nella dimenticanza, nell’oppressione, nella tortura… la sventura ebraica ci salva e ci stronca, perché è la chiave di cui siamo gli eredi, diceva… la via della controversia è lastricata di dignità, di giustizia, di verità… e il sangue che copre i corpi della loro innocenza non ammaina la parola vilipesa, l’esorta nella risalita alle fonti come cono- scenza e coscienza di antichi legami che riportano alla fierezza di un popolo: “Ama il tuo legame fino al suo ultimo bagliore e sarai libero”, Reb Elat, diceva… l’audacia è nell’amore degli occhi che vedono e non uccidono ciò che toccano ma lo rimandano alla voluttà di tutte le infanzie intramontabili.

Il pozzo dell’infanzia è un cammino a ritroso… riconduce ciascuno alla propria terra e ai medesimi domani… e non ci sono insensatezze di simulacri da adorare, né capi da incensare come misura di tutto l’ignoto di dolore o di spietatezza che esprimono… la colpa non è delle stelle, né giurare alla luna di non sapere o avere obbedito alle vigliaccate fatte sugli indifesi… sapere è porre domande, è interrogazione sulle rovine di anime marcite, è denunciare le scelleratezze d’ogni sopruso, poiché la vera conoscenza è il rovescio del Tutto nell’Eutopia (il “Posto Buono”). La verità, la giustizia, la bellezza sono al fondo dello sguardo incorruttibile: lo sguardo innocente del fanciullo come passaggio in amore nella vita che porta all’aurora della libertà.

 

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 12 volte gennaio 2023

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