per Annamaria,
perché conosce la nobiltà di non giudicare (secondo gli imperativi della società istituita) il diverso da sé, apre le porte allo straniero, veste gli ignudi e spezza il pane con chi non ne ha, e senza nemmeno aspirare alla santità…per Alessia,
che vive all’incrocio dei venti e raccoglie lacrime d’amore e ne fa dono a Lui, a Lei, che sono naviganti di bellezza e di giustizia…per l’uomo delle stelle… che si porta nel cuore infinite tenerezze… s’addossa fragilità, disagi, cadute… e con la leggerezza delle farfalle in amore, restituisce dignità, amicizia, fraternità alle anime perse o in volo verso la pienezza della vita”.
L’iconologia della Shoah o delle stelle gialle… è il ventre etico, sopravvissuto all’immensa tragedia attuata scientificamente dal canagliume nazista contro il popolo ebraico… quelle macerie di umanità frantumata, bruciata, derisa… hanno tuttavia conferito nobiltà, dignità, portamento alla loro memoria e lettere, diari, immagini, canti, disegni, ricordi… disseminati nel mondo, restano a testimoniare la bestialità di un regime e di un popolo che hanno concepito, venerato e attuato lo sterminio di massa. Una vocazione al male non s’inventa, si alimenta con l’odio! e non si lascia dimenticare! La razza ariana, la purezza del sangue, la superiorità germanica… sbandierate da uno psicopatico coi baffetti da topo, acclamato Führer, sono scemenze inaccettabili, come è inaccettabile la selvaggia brutalità dei suoi seguaci che hanno visto nella ridicolezza di un imbecille i presupposti per alimentare le proprie naturali malvagità.
L’antisemitismo è l’untore di tutte le azioni terrificanti che detta… e proprio non la pensiamo come un grande poeta, Ezra Pound, quando dice che “Adolf Hitler era una novella Giovanna d’Arco, un santo. Egli era un martire. E come molti martiri, portò con sé visioni estreme”… No! Proprio no! caro Pound… la gentaglia raffinata non esiste! Non si può amare la lebbra dei martiri, degli eroi e dei santi! Non ci potrà mai essere una camicia di forza, un plotone di esecuzione o un campo di sterminio per mettere fine alla libertà dei popoli! Essere deificati è facile… ci si riesce con qualche truccheria… essere liberi è difficile, quasi impossibile… occorrono, fra l’altro, un’inclinazione alla bellezza e alla giustizia mai conosciute né praticate… e, più ancora, abbeverarsi alla magia, ai misteri, ai segreti di splendide fanciullezze!
La fotoclastia della Shoah comporta convenzioni senza imbarazzi… qualcosa di dottorale che parla di un tempo in cui il tempo non era, se non quello alimentato dallo scannamento di esseri umani… il tempo del nazismo… dei treni che arrivavano in orario e scaricavano gli ebrei nei forni crematori… il tempo degli assassini che la fotoclastia colorizzata vorrebbe edulcorare o azzerare… ma i linguaggi falsi generano verità false! Niente vale più del sorriso di un bambino, specie quando lo buttano in una camera a gas. Quel sorriso spezzato resterà l’anatema più alto mai dato o un carnefice! fino alla fine dei tempi. Se poi qualcuno lo impicca al portone della mensa delle SS, non ne reclameremo le spoglie! Il delirio di un regime totalitario impera fin quando esiste il delirio che l’appoggia… la forca sceglie i suoi camerati e poi chiude i cancelli della bellezza e della giustizia.
I fotoreporter di guerra lo sanno… fiancheggiano i guerrafondai per avere un premio e una copertina di Life… possono fotografare tutto, ma dalla parte del potere, altrimenti sono fuori! In cambio avranno servizi fotografici per un presidente, una puttana da Oscar o un artista che fa l’arrabbiato sull’attico del Central Park… la fotografia che conta è un attentato ai fatti che ripugnano, quanto alla celebrità meglio non parlarne, è il sangue che succhiano le pulci! L’archeologia dell’inginocchiatoio è un vaneggiamento che inneggia al futuro, ma sempre e solo con la viltà del fucile!
Le immagini della crudeltà, dell’empietà, del genocidio ebraico… sono catalogate, archiviate, memorizzate secondo le necessità storiche, culturali, politiche, economiche… i sepolcri dell’accidia finiscono nelle biblioteche, musei, computer e lì prendono direzioni a volte impertinenti… libri, film, documentari, tesi di laurea… l’origine del male è integrata anche in prodotti di largo consumo e le immagini più strazianti furoreggiano in un poster, una maglietta o una scatola di sigari… il crimine così veicolato cerca la sensazione, mai la verità. La colorizzazione digitale dell’Olocausto non è una maniera per ricordare, ma per rimuovere l’idea di un limite violato che milioni di persone hanno subito!
L’iconografia della Shoah, le bestialità commesse dal regime nazista contro il popolo ebraico, in particolare, non vanno fatte sparire né estinguere in banalità colorizzate, ma studiate a fondo, per ricordare a chi ha la memoria corta, che i sistemi di distruzione di massa continuano a essere applicati (con eguale efferatezza della Shoah), sui popoli assoggettati alle pianificazioni finanziarie dei mercati globali… se vogliamo accostarci con comprensione ai corpi ammucchiati nel fango… uomini, donne, bambini inceneriti e le loro ossa sparse nelle fosse comuni… a tutto l’orrore dell’Olocausto che è reperibile nei siti appropriati — diritti umani[i], lo Yad Vashem (Ente nazionale per la Memoria della Shoah) di Gerusalemme[ii] o sulla pedagogia della terribilità, della quale parla Laura Fontana, nelle lezioni di educazione alla Memoria, sulla lingua dell’odio, del mito del superuomo, delle pratiche e linguaggi della violenza totalitaria nella Germania nazista e nell’Italia fascista[iii]… occorre munirsi di una saggezza del dolore che non vuole rimpianti ma giustizia!
Le immagini sulla distruzione degli ebrei d’Europa sono innumerevoli… ma quando l’abuso d’informazione prende il sopravvento sull’accaduto fotografato o filmato o scritto, in qualche modo ne smussa la tragicità… il rapporto tra lettore-sguardo-immagine diventa solo un fatto cronaca e non un disegno politico… la fotoclastia colorizzata dei deportati rischia di perdere la sostanza di testimonianza contro l’efferatezza, diventa solo una “prova documentale”, esposta a rivisitazioni anche sgradevoli… il bianco e nero non c’entra… l’ingiustizia ha un solo colore: quello del dolore che non vuole essere abbellito! Non ci interessa menzionare qui le sciocchezze sul “negazionismo dei campi di sterminio” né controbattere o deridere quei babbei che lo sostengono… davanti alle loro affermazioni ci cresce il disgusto… uno slancio di violenza che è difficile trattenere… ci piace il fumo che esce dai camini solo quando sa di pane fresco!
Sulla colorizzazione delle immagini della Shoah. Diciamolo subito… l’inclemenza di saccheggiare le fotografie dei deportati nei campi nazisti e colorizzarle ci sembra un sacrilegio… non un’eresia… qualcosa che obbedisce alle regole dello spettacolare integrato che trasforma in merce il lutto, il ricordo, la memoria di un genocidio… l’investimento artistico, l’esercizio ludico, il valore di scambio di quei volti, corpi, luoghi di prostrazione, fuoriescono dalla violazione indebita di una macellazione umana… il ruolo creativo è un pretesto sottomesso all’aleatorio, all’opportunità, alla revisione, piuttosto idiota, financo ignobile, della ri/figurazione dell’Olocausto!
La colorizzazione della follia, delle stragi terroristiche o dello sterminio degli ebrei… ha acquisito un certo seguito nelle aggettivazioni di critici, storici, galleristi, museologi dell’immaginario mercatale… in Rete circolano in grande copia ideportati ebrei colorizzati… gli elogi sono vasti… gli opportunismi anche… la curiosità sta nel cercare di sapere dove si cela il tradimento… pregiudizi e divieti vanno insieme… trafficare l’arte richiede meno talento che farla… i grandi artisti hanno rubato, copiato mai! Il capitale delle illusioni vuole talenti tarati… che obbligano a parlare la lingua dell’utilitarismo. “Tutto ciò che si perfeziona in virtù del progresso è anche destinato a morire in virtù del progresso” (Pascal, diceva)… la derelizione dell’arte sta nel timore di morire sconosciuti!
L’apoteosi dei linguaggi digitali applicati agli strumenti del comunicare, sembra aver fulminato messe di rincoglioniti sulla via di Photoshop… mi sarebbe piaciuto essere figlio di un boia o di una puttana (e questo forse lo sono), per cercare di capire meglio il “sublime dipinto” della Shoah… l’esultanza e la desolazione che vediamo in quelle immagini gratificanti o consolatorie, esprimono qualcosa di forzato che chiede solo di finire, non di dimenticare, mitigare e non provocare lesioni nell’anima dei lettori… come non sapere che le opere d’ingegno (come le preghiere, i lamenti, gli oblii, i proclami) sono il residuo della disperazione e solo la resistenza al presente restituisce nobiltà all’incurabile della storia!
Ma allora il giardino dell’amore di Blake non è stato proprio capito?… l’innocenza non può essere rinchiusa in nessuna cappella, castello o lager… la gioie, i desideri, i sogni non possono essere decorati ma allevati nella libertà e nella giustizia! I comandamenti sociali (gli istinti sessuali moralizzati, anche) sono rovi, cespugli irti, erbacce che intrappolano la bellezza… il giardino dell’amore non vuole cancelli chiusi, perché l’amore e solo l’amore dionisiaco si prende gioco del cimitero della pestilenza. Il matrimonio del cielo e dell’inferno ha coperto i signori di allori e i reprobi di frustate! Però « le tigri dell’ira sono più sagge dei cavalli dell’istruzione », Blake, diceva… la natura dionisiaca dell’inferno si oppone alla protervia autoritaria del paradiso e resta al poeta decolorare l’orgoglio dei falliti[iv].
I processi tecnologici della colorizzazione dell’Olocausto li troviamo lesivi dei soggetti sui quali operano… il professore Tom Marshall o l’artista Marina Amaral, ad esempio… sono tra gli esperti più accreditati di questa tecnica della sopraffazione… hanno colorato di tutto… album di famiglia, suffragette, personaggi pubblici, divi, miti, tiranni, guerre, deportazioni… dicono che riportano a nuova vita il passato (?!)… politici, imprenditori, ecclesiasti, giornali, televisioni… ci credono… del resto il reale è ciò a cui si (dice) di credere… basta poco… un post, un’intervista, una mostra, un libro, un video… l’opinione degenerata delle certezze accompagna sempre la misericordia di un artista compreso… ma l’arte, tutta l’arte, scompare quando scompaiono le eresie!
I “progetti culturali” di Marshall e Amaral sono appoggiati da università e musei ebraici… professori, saggisti, artisti registrano e commentano gli assassinati con l’aridità del calcolo sociologico, dell’euforia del simposio o delle concertazioni istituzionali che ri/attualizzano l’iconologia dell’Olocausto nel cinismo e nella perdizione etica che cancella, devia, abbrutisce ciò che si deve alla storia della spietatezza nazista… quando tutto crea altro dal senso originario, nulla è innocente! L’opera non c’entra! è l’assoggettamento o il cattivo uso dell’intelligenza al linguaggio che la determina! L’arte di sé e basta! Il fatto estetico spinto al limite dell’idiozia! La catarsi del dolore che invoca il peggio! L’indecenza artistica che rimanda ad aurore senza brillanza… un’arte da contabili… fabbricazione di immagini che dissipano, consumano, distruggono la genealogia del male e lo catalogano in nefandezze da cartellonistica pubblicitaria! Ignorano il sapere, la determinazione o l’incoscienza, anche… di milioni di persone sterminate dall’onnipotenza nazista… senza apprendere mai che il giusto, il buono e il bello, è l’arte di risorgere, denunciare, svergognare tutto ciò che c’è di maledetto nel sopruso, nel delitto, nell’imperio della devastazione!
A vedere in successione le immagini dei deportati colorizzate da Marshall e Amaral… ci assale il disdoro verso tutto ciò che è diplomazia delle crapule incipriate… un’ecclesia del potere dei bilanci con quello della politica… l’esuberanza tributata alla recita, al condono, al dispregio munifico dell’arte come estinzione d’ogni finezza che ne suggerisce l’abolizione… l’obiettivo è la redditività, l’efficacia, lo scopo o il riconoscimento di un giudizio estetico che implora l’impiccagione! L’esteta si preoccupa dei segni che denotano la bella forma, diceva… l’artista dà alla forma un temperamento, un carattere, una dissipazione che rompe la maniera di presentire il disonore di servire!
Ma questa testa di cazzo è davvero stupido! “I toni della pelle erano completamente diversi?”… e come dovevano essere imbecille! i toni della pelle di un superstite della Shoah?… il grumo dell’indignazione nemmeno lo sfiora! Gli preferiamo la compagnia di un cane randagio a qualsiasi naufragio dell’arte che sorge tra l’indelicato e l’epigramma di un’eccitazione estetica!
Una modesta proposta. Il digital manager inglese dovrebbe sprecare le sue doti nei bar, nei bordelli o sui marciapiedi con le puttane, almeno lì comprenderebbe meglio che una qualsiasi fotografia dovrebbe scavare ferite, addirittura provocane altre e non allietare i sovvenzionati del capitalismo parassitario… andrebbe decapitato per deismo dell’ipertecnologia! Mi sembra incredibile che un cretino di questa portata possa essere stato fatto oggetto di applausi!… è davanti a notabili dell’infatuazione come questi che ci monta la voglia di spaccargli la faccia! “Amerei senza riserve l’ingenuità se fosse sempre possibile distinguerla dalla stupidità” (E.M. Cioran). Lo giuriamo sui nostri splendidi fallimenti: tranne l’eresia, tutto è impostura!
L’artista brasiliana Marina Amaral è un’esperta di relazioni internazionali e fotocolorista con collaborazioni importanti… il suo negozio online lo dice… rende omaggio alla platea… puoi comprare un Lincoln, una Anna Frank o una schiava nera a prezzi decenti… c’è anche quello scimunito del generale Custer… i colorizzati fuoriescono dall’abdicazione dei loro viatici e diventano apostoli della vacuità… la rappresentazione prende il posto del momento storico e lo divora in nuove santità… e tutti ci escono bene… anime congeniali alla compiacenza appesa nei salotti… un’antologia della nostalgia che fa rabbrividire anche le dissertazioni della marchesa du Châtelet di fronte alla matematica e alla fisica… ma che ritornava sempre alla rispettabilità dei suoi amori, passioni e desideri… metteva il superfluo nei cassetti del necessario e faceva della propria vita la caduta della perfezione (o il canto dell’imperfezione)! Per conoscere a fondo questa libertina dell’amore sfrontato non occorre ricorrere al Dizionario filosofico di Voltaire che l’avvolge in molte pagine (oltre che nel letto del castello di Cirey-sur-Blaise)[v]… basta leggere il breve Discorso sulla felicità[vi] di madame du Châtelet… per comprendere meglio che la felicità senza tenebre è una filosofia del dispendio propria a certi aristocratici che disertano il loro ceto o cavalieri del plagio universale o briganti di confine… è un esercizio d’impudore… che non scende a patti con le virtù dei moralisti, anzi ne denuncia l’ipocrisia… e fa della voluttà il bisogno d’eresia! La genuflessione intellettuale si porta dietro anche la decadenza della deplorazione… la poca intelligenza… strati d’incoscienza perpetua … tutti gli idolatri della vanità si rifugiano nel pessimo gusto della politica o dell’arte, e lì muoiono, magari famosi, stupidi sempre!
I social-media vanno in deliquio per la fotografia della ragazzina di Auschwitz colorizzata dalla Amaral… Czeslawa Kwoka… 14 anni, non ebrea, forse… assassinata con un’iniezione di fenolo nel cuore, sembra… un’icona dell’ingiustizia… l’ha fatta Wilhelm Brasse, prigioniero nel campo di sterminio di Auschwitz, addetto alla certificazione dei prigionieri… e resta a memoria di quanti hanno condannato e condannano l’assassinio nazista per sempre! Migliaia di utenti hanno cinguettato senza riprovazioni sull’estetica dell’immagine… il Memoriale e il Museo di Auschwitz-Birkenau li hanno condivisi e risposto garbatamente, così: “Grazie a tutti per averci aiutato a ricordare il passato. Dobbiamo conoscere questa tragica storia di Auschwitz per creare un futuro migliore e più sicuro”. Capisco la gentilezza… ma non sono certo queste lezioncine di recupero dell’Olocausto colorizzato che rimandano all’emancipazione dell’essere umano… semmai tolgono alla ferocia dei campi di sterminio l’aroma amaro di esistenze trucidate!
La Amaral ha colorizzato anche Hitler e i suoi generali… l’immagine, timbrata col suo logo, è venuta così bene che non sono stati pochi gli acquirenti… gli assassini hanno sempre esercitato un certo fascino per i miserabili d’ogni bandiera!.. non è ingenua, però… è una furba ricamatrice di scempiaggini col vezzo della “singolarità” (che non c’è)… Facebook, Twitter o Instagram… la incoronano nello spirito dei tempi… l’influenza è una malattia comunicazionale che miete stupidità senza freni… ogni parola, ogni immagine, ogni suono… è qualcosa di troppo… e di vuoto… la Rete è il confessionale dell’impotenza, dell’inerzia, del servizievole alla portata del più grullo… è l’assassinio del buono e del cattivo gusto… un linguaggio della futilità, della menzogna, dell’acredine che non vale niente… dove ciascuno nasconde il senso del peccato nell’eccesso, nell’inganno, nella frode intellettuale… erigono l’incompetenza a ragione e non hanno nemmeno il coraggio d’affogarsi nella noia (interconnessa) dove sono nati! Le giornate passate nell’ebetismo del computer li rendono stupidi e senza rimpianti… ma solo là dove fermenta lo scontento, la ribalta dei commedianti crolla! Impossibile imbattersi in un solo argonauta digitale, senza avere la certezza di trovarci di fronte a un cretino!
La seminagione dell’uomo in rivolta non sceglie il proprio destino in base a un mi piace! ciascuno è quello che è! Solo gli imbecilli riescono a darla a bere, ma per poco! Perché per avvertire la parodia della conoscenza ci vuole un minimo di intelligenza! Gli uomini in rivolta afferrano tutti gli strumenti utili per il rovesciamento dei linguaggi dominanti, poiché hanno compreso che l’unico sconvolgimento al quale interessarsi (al di fuori di qualsiasi atto di fede) è l’Apocalisse e/o la creazione di valori preconizzata da filosofi o educatori o clochard che hanno conosciuto la galera, la fame e l’afflizione di avere donato amore dove c’era odio… c’è un tempo per seminare e un tempo per mietere, il nostro tempo, diceva… ad altri migliori di noi spetterà raccogliere… è così che spuntano le rose di campo… specie quelle bianche hanno un profumo impareggiabile e si colgono nelle notti di luna piena col favore degli angeli!
A proposito della sua produzione coloristica, la Amaral afferma che “la colorazione di queste immagini è un modo efficace per raggiungere persone che altrimenti non avrebbero interesse a saperne di più sul nostro passato”… non sappiamo se questa è malafede permanente o stupidità di primo grado… centinaia di film, documentari, fotografie, lettere, romanzi, autobiografie… circolano nel mondo e danno l’esatta misura della catastrofe nazista… il candore, specie se falso, rifugge sentimenti autentici… non si colora l’orrore, lo si sparge a scapito di tutti i consensi istituiti… le infatuazioni sono la caratteristica degli inquisitori, dei vassalli e degli aguzzini, e le loro gesta criminali sono sempre minori ai loro rimorsi!
L’amore è padrone del suo destino e quando si nega l’irriverenza dell’amore contro i fucinatori della gioia, non c’è più niente da spiegare! Ciascuno ha diritto alla propria infanzia… che frequenti la Bibbia, il Corano o la Torah, poco importa… ciò che vale è quanto amore mette a difesa del giusto, del buono e del bene comune! E l’amore bisogna trovarlo in se stessi, non altrove! Dissotterrare il proprio campo e vedere che non ci sono inferni né paradisi o farsi costruttori di ponti e seguire la bellezza sull’orlo dell’essere, significa avvicinarci alla comunità che viene.
I manichei della corruzione e i despoti della gloria senza fasto… si esprimono attraverso la soppressione delle libertà… in grazia di Dio, dello Stato e del potere economico-politico si distinguono per le imprese criminali che commettono… non è cosa nuova… il timore e il tremore biblico non sono certo la salvezza degli ossequianti… semmai ne decretano l’intimazione all’obbedienza… del resto, l’ordine di Jahvè/Dio ad Abramo era quello di uccidere il figlioletto Isacco e offriglielo in sacrificio: “Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo all’olocausto” (Genesi, 22,2)… è difficile pensare che il “principio della saggezza è nel timore generato dal Signore”… tantomeno, come scrive Vito Mancuso — “questo Dio o Signore esprime la signoria della Vita, a cui tutti i viventi devono rispondere” —[vii]. I dispensatori di morali, come i legislatori dell’irreprensibile, sono esulcerati dal rispetto per l’autoritarismo, a dispetto dei rivoluzionari che lo vogliono abolire! È difficile credere a ciò che altri vogliono che si creda! Sacrificarsi o sacrificare in nome di un idolo incatenato alla sua leggenda, sortisce solo la tracotanza travestita di trionfalismo che sfocia in qualcosa che ha a che fare con la barbarie.
La nostra detestazione della colorizzazione dell’Olocausto poggia sull’iconografia della dignità che emerge dai massacri degli indifesi, i bastonati, gli espulsi, gli ultimi… che hanno lasciato culture e valori della loro storia attraverso immagini, anche sacrali, a sentenza perpetua dei misfatti nazisti… quando si scade nell’apparenza si cade nella contemplazione. Lo sterminio degli ebrei d’Europa non va in nessun modo dimenticato né rimosso in una fantasiosa interpretazione artistica e le giornate della memoria (prima d’essere istituzionalizzate) devono essere scavate, vissute, amate, rivendicate… per gridare che tutto ciò che è stato l’Olocausto non avvenga mai più! Occorre ritornare sempre sulle vergogne che l’hanno dettato, né perdonare mai gli assassini che ad ogni giro di storia possono tornare a commettere eccidi innominabili… ce ne sbattiamo i coglioni degli artisti a tutto campo che disperdono la loro arte come il concime nei campi… la distruzione di un popolo vuole decenza, diritto, ragione là dove la libertà d’essere ebreo, negro, zingaro, omosessuale, disabile, pazzo o dissidente è stato vessato, imprigionato o sterminato dalla feccia dell’umanità.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 16 volte aprile, 2021
[iii] Laura Fontana, Come insegnare la Shoah, http://www.fontana-laura.com/
[iv] William Blake, Il matrimonio del cielo e dell’inferno, SE, 2013
[v] Voltaire, Dizionario filosofico, Einaudi, 2006
[vi] Madame Du Châtelet, Discorso sulla felicità, Sellerio, 1992
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Pino Bertelli è nato in una città-fabbrica della Toscana, tra Il mio corpo ti scalderà e Roma città aperta. Dottore in niente, fotografo di strada, film-maker, critico di cinema e fotografia. I suoi lavori sono affabulati su tematiche della diversità, dell’emarginazione, dell’accoglienza, della migrazione, della libertà, dell’amore dell’uomo per l’uomo come utopia possibile. È uno dei punti centrali della critica radicale neo-situazionista italiana.
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